In Inghilterra, nell'ultimo anno, secondo quanto riferito ieri al Parlamento dal premier David Cameron sono stati sventati sei attacchi terroristici. E il 21 agosto scorso, per quanto molti se ne siano già scordati, solo il coraggio di due americani ed un inglese ha sventato una strage sul treno Amsterdam Parigi per mano di Ayub El Kazzani, un marocchino da poco rientrato dalla Siria. In quei giorni politici, esperti d'intelligence e opinionisti europei erano concordi nel denunciare la minaccia rappresentata dagli oltre cinquemila volontari islamisti partiti dall'Europa e passati dalla Turchia per andare a combattere tra le fila del Califfato in Siria. Il rischio, ripetevano, è che quei cinquemila rientrino in Europa e portino il terrore nelle nostre città.
Dopo la decisione di Angela Merkel di spalancare le porte ai migranti in arrivo dalla Turchia quelle paure sembrano svanite. In nome del neo-umanitarismo buonista della Cancelliera l'intera Europa sembra pronta ad anteporre l'accoglienza dei profughi alla sicurezza dei propri cittadini. E la Germania fa addirittura sapere di non voler controllare i migranti arrivati sul proprio territorio, ma di voler procedere all'identificazione soltanto in un secondo momento. In questa situazione di sbandamento senza precedenti persino i responsabili della sicurezza europea sembrano aver rinunciato a metter in dubbio la sensatezza delle mosse di Angela Merkel. Il silenzio non cancella però le preoccupazioni. Ed anche in Italia chi ha il compito di prevenire l'infiltrazione di terroristi è in allarme rosso. «La situazione è critica. Ci chiediamo tutti come non venga compresa e percepita la pericolosità del momento - spiega al Giornale uno dei responsabili della sicurezza del nostro Paese -. Il rischio più grave per l'Italia, ma anche per Berlino, è la saldatura tra i terroristi dello Stato Islamico presenti nei Balcani e i loro compagni di ritorno da Siria e Iraq. Molti di questi approfitteranno della rotta apertasi al confine tra Turchia e Grecia per riprendere la strada di casa. In Kosovo, Bosnia e Albania lo Stato Islamico ha già messo radici. Le nostre indagini sui jihadisti che hanno abbandonato l'Italia per andare a combattere in Siria l'hanno ampiamente dimostrato. Ma ora le basi dei Balcani - utilizzate finora soltanto come punti logistici - minacciano di trasformarsi in basi operative da cui colpire l'Italia. I mujaheddin balcanici già presenti in Siria e Iraq esprimono, con video e comunicati, la volontà di tornare a combattere nella terra natale. Per loro - continua la fonte del Giornale - la via dei migranti diretti in Germania è il fiume perfetto in cui confondersi. Continuando a far finta di nulla rischiamo una situazione simile a quella degli anni Novanta quando l'indifferenza per gli jihadisti andati a combattere in Bosnia apri le porte dell'Europa ad Al Qaida».
La fonte non lo dice, ma il riferimento alla moschea di Amburgo in Germania e a quelle via Jenner a Milano chiaro. La moschea di Taiba ad Amburgo diventò allora la centrale europea in cui Mohammed Atta organizzò l'11 settembre. La moschea di viale Jenner, punto di partenza dei volontari tunisini diretti in Bosnia, diventò uno dei centri di coordinamento di Al Qaida. Le zone più a rischio, secondo la nostra intelligence, sono quelle del nord-est italiano dove si concentrano gli immigrati balcanici provenienti da Bosnia, Kosovo e Albania. Dalle moschee di quelle zone sono passati negli ultimi due anni predicatori radicali come Mazzlam Mazzlami, Idriz Bilibani e Bilal Bosnic.
Quest'ultimo, attualmente in carcere in Bosnia, è considerato il reclutatore dei cittadini balcanici che hanno lasciato il nostro Paese alla volta della Siria. Ora la grande paura è che i suoi discepoli, rientrati dalla rotta turca, mettano a frutto l'esperienza conseguita per colpire quella stessa Italia da cui sono partiti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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