La7 diventa Telekabul: non c'è un volto di destra

La7 diventa Telekabul: non c'è un volto di destra

È il nuovo gioco di società, il risiko estivo della televisione, il game enigmistico dei volti noti di La7, la tv della gente che piace. Aguzzate la vista: vince chi trova un giornalista o un conduttore di centrodestra. O almeno non left oriented. Chi lo stana urli «celo». Perché a noi «manca».
Con l'innesto di Giovanni Floris, le sfumature sinistre della rete di proprietà di Urbano Cairo si son fatte assai meno sfumate. Niente di tragico, niente di apocalittico. È un gioco e giova ripeterlo. Tra un aperitivo e un tuffo dove l'acqua è più blu possiamo sfogliare l'album della nuova Raitre. Perché, va detto a mente fredda: con il suo palinsesto tutto talk show e approfondimenti, La7 è la nuova Terza rete, la nuova Telekabul, una sua versione più light, più illuminata, moderna e tecnocratica. Altro che «la Cnn italiana», come qualche guru della comunicazione l'ha definita. È anche una questione di scenografie e di luci degli studi televisivi: più cupi e rancorosi quelli di Raitre, più freddi e inondati quelli di La7. Una nuova identità televisiva. A ben guardare, costruita tutta con acquisti dalla concorrenza Rai e Mediaset e sparuti prodotti del vivaio interno.
Ma dicevamo delle figurine dei conduttori. Si prende un anchorman o un anchorwoman e si fa una breve didascalia. Oppure si traccia una crocetta su una delle opzioni. Sinistra tradizionale, sinistra radical chic, sinistra movimentista, sinistra post-grillina, sinistra illuminata o furba. Dall'altra parte, centrodestra moderato, centrodestra liberale, centrodestra teocon, centrodestra assatanato. Questione di sfumature. Cominciamo dai volti storici. Enrico Mentana, il regista della rinascita: sinistra illuminata, clan Della Valle-Montezemolo. Daria Bignardi: sinistra da salotto, superiorità morale inscritta nel dna. Lilli Gruber: sinistra illuminata, ex pasionaria, bernabeiana (nel senso di Franco Bernabè) convertita al club Bilderberg. Maurizio Crozza: sinistra post-grillina, parola d'ordine: la casta deve morire. Proseguiamo con gli innesti più recenti, le new entry e quelli non ancora entrati nel Pantheon. Michele Santoro: sinistra movimentista, guru post-grillino. Corrado Formigli: sinistra tradizionale, tendenza fiorentina (anche nel tifo). Giulia Innocenzi: sinistra light, cocca di Matteo Renzi, ospite al suo debutto da conduttrice. Gianluigi Paragone: ex leghista convertito al grillismo, disallineato (non a caso gli hanno affibbiato la domenica sera). Giovanni Floris: sinistra storica, ex simbolo del servizio pubblico ora titolare di una buona fetta di palinsesto della nuova Raitre.
E le caselle del centrodestra? Deserte. Hai voglia a comprar figurine. Viene il sospetto che non le stampino nemmeno quelle dei moderati. Oppure che le lascino fuori dalle bustine. In epoca Telecom, c'erano una volta Nicola Porro e Filippo Facci. Forse appena delle foglie di fico liberali in una foresta composta in prevalenza di querce, ulivi e altra flora progressista come si diceva allora.

Adesso che l'editore è un ex dipendente Fininvest, patron del Torino, in polemica con la maggioranza degli azionisti Rcs, editore di riviste molto pop, uno lontanissimo dai salotti e dalle terrazze de sinistra; ora che l'editore è lui gli scrupoli di salvare le apparenze creando qualche pur minimo contrappeso sono scomparsi. E per quanto la vista si aguzzi...

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