Da "Lambretta rossa" a Blair e Ambra. La frattura è anche nelle citazioni

Boccia evoca Zucchero mentre un gruppetto intona le strofe della Angiolini. I renziani più giovani s'aggrappano a Clinton

Da "Lambretta rossa" a Blair e Ambra. La frattura è anche nelle citazioni

Roma - «Lambretta rossa la trionferà». Francesco Boccia cita Zucchero durante l'assemblea Pd, e già non è più «Rivoluzione Socialista». Il deputato, presente anche alla manifestazione di sabato al Teatro Vittoria di Testaccio dice: «Hanno convinto persino me a cantare Bandiera Rossa». Ma è acqua passata. E il distacco con il popolo dei democraticisocialisti lo marca lo stesso segretario uscente Matteo Renzi nel suo intervento di apertura: «Io non accetto che qualcuno pensi di avere il copyright della parola sinistra. Anche se non canto bandiera rossa penso che il Pd abbia un futuro che non è quello che altri immaginano, la sinistra non si fa con la rivoluzione socialista».

Niente lotta di classe nell'assemblea del Pd renziano, nessuno scontro con il capitalismo, «si va avanti allegri e frementi». Allegri e frementi, dice Renzi, citando Linea d'ombra di Joseph Conrad. Cosa ben diversa dall'afflato marxista che si respirava al Testaccio. Sul palco, ma anche in platea e nei corridoi dell'Hotel Parco dei Principi, i renziani marcano la differenze. Giachetti evoca la parola «sinistra» quasi come se fosse un corpo estraneo, il ministro Poletti ripete nel suo discorso i termini «impresa», «successo» e «merito», spingendosi fino all'elogio di «chi si crea l'azienduccia».

Un altro pianeta rispetto a Enrico Rossi, il «rivoluzionario socialista» di sabato che magnificava l'aumento della pressione fiscale. Oppure il Roberto Speranza del «chi ha di più paghi di più, chi ha di meno paghi di meno». La scissione, sempre in bilico, è tutta contenuta nei chilometri che separano il Testaccio dai Parioli. L'Hotel Parco dei Principi, ai Parioli appunto, teatro dell'assemblea nazionale del Pd di ieri è blindato. L'organizzazione rigida. E al buffet un caffè costa un euro e cinquanta. Un panino quattro euro. I delegati più giovani, quasi tutti di estrazione renziana parlano di Clinton e Blair. Un gruppetto, per scaricare la tensione della scissione imminente, canticchia pure T'appartengo di Ambra Angiolini ai tempi di Non è la Rai. Sui loro schermi non va in onda la «Rivoluzione Socialista». Nel pomeriggio si fa vedere in sala stampa il bersaniano Nico Stumpo, e minaccia la scissione quando «le luci dell'assemblea saranno spente». Passa un giovane delegato, chiede «Chi è?» e si allontana arrabbiato dicendo: «Ah Nico!». Lo spin doctor di Renzi Filippo Sensi, accenna sorrisi, passa pure la coppia renziana Francesco Nicodemo-Pina Picierno, tutti molto casual. C'è chi cita «In cammino», il nome della nuova mozione congressuale di Renzi, che assomiglia vagamente all'En Marche! del candidato alle presidenziali francesi Emmanuel Macron, ex socialista, altro bersaglio del popolo del Teatro Vittoria. Nel frattempo il ministro Graziano Delrio getta acqua sul fuoco del fuorionda e risponde: «Renzi vi ha annunciato che si dimette e vi dice se ce la fate battetemi! cos'altro doveva dire?». Gianni Cuperlo, però, ribatte: «Questi sono solo toni muscolari». A sinistra non piacciono i toni muscolari. La deputata Anna Ascani, renziana grintosa, si chiede come farà a spiegare al popolo del Partito Democratico una scissione basata solo sulle date del congresso.

Davanti al Parco dei Principi si vedono tre militanti dei Giovani Democratici del II Municipio di Roma.

Mostrano uno striscione tricolore, non rosso, con la scritta: «Restiamo Uniti». Stanno davanti all'Hotel dei Parioli fino al pomeriggio inoltrato, e chiedono di «evitare la scissione», un po' come i renziani di Pontassieve rimasti fuori dal Teatro Testaccio, in cammino.

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