L'audio choc del poliziotto: "Arrestare i ladri? È inutile"

Colpevoli presi e subito liberi, sfogo dell'agente su una chat: "Che ci stiamo a fare noi?". I sindacati: c'è sfiducia

L'audio choc del poliziotto: "Arrestare i ladri? È inutile"

«Ma noi che stiamo ancora a fare in mezzo alla strada?». È la domanda che si fa un agente di polizia sfogandosi con i colleghi su una chat di gruppo. Il riferimento del poliziotto va a un fatto accaduto alcuni giorni fa in una cittadina del Lazio. Due ladri vengono presi dopo che hanno rubato in un appartamento. «Un arresto aggravato per furto in abitazione», spiega l'agente nell'audio. Le forze dell'ordine recuperano la refurtiva: 60mila euro di preziosi, che vengono subito restituiti al legittimo proprietario, che identificando i due ladri riconosce tra loro l'operaio che tempo prima gli aveva fatto i lavori in casa. I malviventi vengono processati per direttissima, ma l'amara sorpresa è dietro l'angolo: il giudice non dà loro nessuna misura, li lascia a piede libero, senza neanche l'obbligo di firma. Oltre il danno la beffa e il lavoro degli agenti, compiuto con tanto sacrificio, viene vanificato.

Uno dei ladri è incensurato, l'altro ha precedenti per reati simili risalenti al 2012. Viene riconosciuta la buona condotta negli ultimi sette anni e la reiterazione del reato non viene considerata. Ecco allora lo sfogo del poliziotto con i colleghi: «Mi chiedo che ci stiamo a fare in mezzo alla strada, a correre, al freddo, ad ammazzarci, a rischiare la pelle. Scrivi una montagna di carte, il verbale di arresto - prosegue -, li devi fotosegnalare, avvisi l'avvocato e il giudice. Non riesco più a capire. La legge è uguale per tutti?». La risposta è quanto mai scontata: «No».

Un caso diventato consuetudine. Lo conferma anche Patrizia Bolognani, rappresentante Sap (sindacato autonomo di Polizia) di Padova: «Succede ogni giorno. La cosa assurda è che non sia stata emesso nessun tipo di misura. Neanche quelli pericolosi socialmente che commettono reati con lesioni a pubblico ufficiale, ormai, vanno in carcere. Dove siamo arrivati? - prosegue -. Anche perché poi cosa percepisce il criminale? Che non gli fanno nulla e, allora, è invogliato a ripetere il reato». Il fermo dura 24 ore e poi la scarcerazione, col rischio che il soggetto sparisca. Bolognani racconta che questi audio sono sempre più frequenti. «I colleghi si sfogano, sono esasperati. Lo fanno sui gruppi di lavoro perché non sanno con chi parlare. Con la stampa non possiamo, perché sono delegati a emettere comunicati solo i rappresentanti sindacali. E dobbiamo stare attenti perché altrimenti ci arriva anche il provvedimento disciplinare. Oltretutto abbiamo il segreto d'ufficio». Alla fine ti sfoghi col collega e con la moglie. «Nel 2019 è mai possibile? - si domanda la sindacalista -. È un calvario anche per noi. Tutti i giorni vediamo colleghi picchiati. Siamo noi la categoria a rischio, altro che i delinquenti!».

L'ennesimo caso proprio a Padova, alcuni giorni fa: un agente malmenato finisce in ospedale. Gli danno sette giorni di prognosi. Troppi pochi, si va avanti con la denuncia. «Ormai non procediamo neanche più con l'arresto - chiarisce Bolognani - come un tempo. Siamo sfiduciati. Vediamo malviventi, spesso clandestini, lasciati liberi dopo che con tanto sacrificio li abbiamo presi. Montagne di carte inutili.

Spesso passano anni per i processi e in tribunale non si presenta nessuno, perché questa gente sparisce». Oltretutto gli agenti devono spesso anticipare le spese di trasferta per andare a testimoniare. Soldi che riavranno dopo anni.

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