Altro che Communardo Niccolai: i grillini infilano un autogol da record. Nel campo da gioco della propaganda elettorale il Movimento 5 Stelle scivola su una lunga lettera a Silvio Berlusconi, con tanto di consegna a mano a Palazzo Grazioli ripresa in video e postata sul «Blog delle stelle». Il messaggio è una articolata risposta all'affondo lanciato dal Cavaliere nell'intervista rilasciata lo scorso 26 novembre al direttore del Giornale Alessandro Sallusti: «I grillini non hanno né arte né parte. L'87% di loro non ha mai fatto una dichiarazione dei redditi quindi non ha mai lavorato. Vivono di politica e fuori dal Parlamento non sanno come campare».
I pentastellati si prendono un po' di tempo per pensarci su e rispondono con la lettera che elenca impieghi e professioni dei propri parlamentari, sostenendo che i disoccupati sarebbero solo sei su 123 eletti, pari al 4,8 per cento. Non paghi di dare i numeri, i grillini forniscono anche un elenco dei nomi con le relative professioni che, già a prima vista, risultano un po' «arrotondate». A partire dallo stesso Luigi Di Maio, indicato come «studente». Tralasciando il fatto che non aver completato la facoltà di Giurisprudenza non significa essere qualificabili come studenti per il resto della vita, è evidente che mettere nel mazzo di mestieri e professioni una serie di ultratrentenni che hanno un qualche rapporto con i libri, è un trucchetto disdicevole, a meno di non voler sostenere che fare lo studente è una professione. Gli studenti nella lista fornita dall'M5s sono ben undici incluso, ad esempio, Paolo Bernini, altro deputato trentenne famoso soprattutto perché sostiene che siamo tutti controllati da microchip sottopelle. Nell'elenco non compaiono matematici. E si vede: nella lettera infatti non è preciso nemmeno il numero di coloro che sono dichiaratamente «non occupati». A essere pignoli sono sette, non sei. E passi per la casalinga Tatiana Basilio.
Ma il vero problema è che a guardare appena sotto la superficie delle professioni dichiarate, si scopre che l'M5s ha barato di brutto. Anche su Alessandro Di Battista: nell'elenco è qualificato come giornalista, anche se il suo nome non compare negli albi, né come professionista né come pubblicista. Il suo curriculum chiarisce: «Dal 2011 collaboro come giornalista con il blog di Beppe Grillo». Ah, ecco. Del resto anche con Salvatore Micillo ci si allarga un tantino: presentato come «Libero professionista (gestione rifiuti)», in realtà in curriculum vanta un attestato della Regione Campania, corredato da stage. Così si scambia il possesso di un titolo con quello di un lavoro.
Non chiarissima anche la posizione del deputato Sergio Battelli, qualificato come «commerciante»: nella sua pagina sul sito della Camera dei deputati si dichiara in realtà «dipendente di attività commerciale» e nel curriculum per le Parlamentarie diventa «dipendente pubblico».
Si può andare avanti spulciando e scoprire che Berlusconi non aveva esagerato poi tanto, ma la lettera grillina è interessante soprattutto per i riflessi sulla natura stessa del Movimento: molti dei suoi eletti e attivisti della prima ora hanno davvero un curriculum evanescente. Ed è la loro forza: si presentano come «non professionisti della politica» per rappresentare una fetta del Paese che fatica a trovare la propria strada.
Solo che invece di rivendicarlo, ora cercano di nasconderlo. Eppure si sa che spesso in politica emerge chi ha tanto tempo libero per fare attivismo. Non sarebbe più onesto ammettere che la professione della politica li ha riscattati da una vita avara di successi?
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