Domani il governo incontra i sindacati per discutere della riforma sul lavoro. Oggi il Consiglio di ministri si è riunito e ha deciso di porre la fiducia, in Senato, sul Jobs act. Insomma, Renzi decide dunque di sfidare la minoranza del Pd e di tirare dritto. Stefano Fassina aveva mandato subito un segnale: "Se la delega resta in bianco è invotabile e con la fiducia conseguenze politiche". Sembrava qualcosa di più di un avvertimento, quasi una minaccia. Rincarava la dose Pippo Civati. Mettere la fiducia sulla legge delega sul lavoro "sarebbe qualcosa a metà tra la provocazione spicciola e un esautoramento del Parlamento, nonché un segnale di debolezza, oltre che sul piano politico un segnale di profonda rottura".
Cuperlo aveva rivolto in serata un appello al premier: "Faccio ancora un appello al presidente del Consiglio affinché eviti il voto di fiducia su una materia delicata e complessa come la riforma del lavoro".
Enzo Bianco, presidente Liberal, ha respinto le accuse sul Jobs act: "Da quell’area minoritaria del Pd di cui sono espressione Fassina e Civati giungono ormai solo proposte ancorate alle vecchie culture politiche del secolo passato. Non è così che si aiuta il Paese". E proseguiva: "Tentare di mettere il Presidente del Consiglio e l’esecutivo con le spalle al muro, cercare di affondare il governo per difendere vecchie posizioni corporativistiche, spaccare per tutelare ancora una volta interessi di parte, vuol dire commettere un misfatto grave. Vuol dire, tout court essere fuori dalla storia".
Alla fine però le minacce non sono servite. Il Consiglio dei ministri ha autorizzato la fiducia sulla delega sul lavoro.
"Il presidente Renzi ha deciso di sfidare il suo partito, o di fingere di sfidarlo. Porre la questione di fiducia su una delega tanto ampia quanto vaga, al netto del contenuto dell’emendamento del governo, è un problema che riguarda Renzi e il Pd", ha dichiarato in una nota Osvaldo Napoli, esponente di Forza Italia, aggiungendo che "Forza Italia non può che votare contro la fiducia. Se Renzi vuole regolare i conti con i suoi avversari interni è padrone di farlo, ma Forza Italia non può entrare in alcun modo in uno scontro tutto interno alla sinistra e giocato sulla pelle degli italiani".
Domani nell’Aula del Senato riprenderà l’esame del provvedimento. E domani sono stati convocati alle 8, nella sala verde di Palazzo Chigi i leader sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Il sindacato italiano - dice Susanna Camusso - è stato sempre pronto al confronto con il governo, ma è anche pronto a contrastare politiche ritenute sbagliate. Nel suo intervento al vertice sindacale europeo la segretaria della Cgil esprime la speranza che l’incontro previsto per domani con il presidente del Consiglio Renzi sia il segno di un "vero e serio ripensamento" di un governo che finora si era presentato "all’insegna del superamento delle rappresentanze". E aggiunge: "Il sindacato italiano è sempre pronto al confronto e altrettanto al conflitto per contrastare scelte politiche non condivise". Insomma, pronti a trattare e a discutere con il governo.
Per mettere in chiaro che la Cgil non intende fare sconti la Camusso insiste nel paragonare Renzi al premier inglese che, negli anni Ottanta, più fece guerra al sindacato: siamo a metà del semestre europeo a guida italiana "e non c’è stato ancora accenno di dialogo sociale da parte del presidente del Consiglio. Questa modalità si era vista in Europa una sola volta, con madame Thatcher".
La Camusso si augura che il cambio di direzione del governo sia "vero e serio". Con il Jobs Act - ha detto - i diritti per tutti "vengono poco estesi in cambio di una riduzione dei diritti per chi è al lavoro. Abbiamo bisogno di una politica di aumento dei salari e di riduzione del fisco sulle retribuzioni insieme". Camusso si è inoltre detta preoccupata che il governo voglia "restringere l’azione del sindacato" limitandone i confini alla sola contrattazione aziendale. "Lo interpreteremmo - ha detto Camusso - come un esplicito attacco alla contrattazione e all’autonomia del sindacato".
Intanto Maurizio Landini, segretario Fiom, preannuncia battaglia. "Camicie bianche al vertice, tute blu e colletti bianchi in piazza": con questo slogan la Fiom scenderà in piazza a Milano mercoledì mattina, in concomitanza con il vertice europeo sul lavoro che si terrà nel capoluogo lombardo. "Due mondi si confronteranno mercoledì a Milano - si legge in un comunicato della Fiom -. Quello di chi, almeno formalmente, decide le politiche degli stati d'Europa (quelli che dettano davvero legge non hanno alcun bisogno di summit) e quello di chi, materialmente, paga la scelta sciagurata della competizione al ribasso in nome dell'austerity e dei pareggi di bilancio".
A Quinta
colonna, il premier Renzi ha chiesto ai sindacati "se sono davvero convinti che il problema è di un altro o se sono d'accordo che anche loro devono dare un mano". "Non molliamo di un centimetro. Teniamo botta", ha aggiunto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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