L'effetto domino di un voto che può distruggere la Ue

L'eventuale addio dei britannici rischia di accrescere i fronti antieuropeisti in tanti altri paesi dell'Unione

L'effetto domino di un voto che può distruggere la Ue

All'addio inglese Bruxelles potrebbe anche sopravvivere, ma alle sue conseguenze di certo no. Lo chiamano «effetto domino» ed è il vero incubo degli «euroburocrati» e di tutti gli ultimi aficionados di quest'Unione Europea. Un effetto capace di replicare su scala continentale il malessere britannico e generare tanti altri «exit» nazionali capaci in pochi anni di sgretolare e distruggere dalle fondamenta gli assetti di Bruxelles.

«L'angoscia più grande - ammette lo stesso presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk - è che un eventuale risultato negativo finisca con il rafforzare i partiti euroscettici in tutto il resto dell'Europa». Angoscia giustificatissima visto che - a differenza dei normali incubi - l'effetto domino non è solo tremendamente reale, ma anche misurabile. Per capirlo basta consultare i sondaggi che da mesi testano gli umori dei cittadini dei 28 paesi dell'Unione Europea e valutano le loro reazioni all'approssimarsi della decisione dei sudditi di Sua Maestà. In Italia e Francia, stando ai rilevamenti Ipsos dello scorso maggio, il 58 e il 55 per cento degli elettori auspica lo svolgimento di un referendum simile a quello organizzato in Inghilterra. Ed il 48 ed il 41% rispettivamente si dice pronto a votare l'addio a Bruxelles. Tendenze destinate a venir inevitabilmente amplificate da un'eventuale vittoria dei «sì» nella consultazione d'Oltremanica. Le conseguenze a quel punto sono facili da immaginare. Il successo degli anti europei rappresenterebbe un autentico volano per le tesi della Lega di Matteo Salvini e dei Cinque Stelle, il movimento che da tempo propone - per bocca di Beppe Grillo - un referendum per l'uscita dell'Euro.

In Italia il primo a piangere sarebbe il premier Matteo Renzi costretto a far i conti con una valanga «Brexit» pronta a travolgere lui ed il referendum istituzionale del prossimo ottobre. In Francia, invece, i primi a ridere e ad approfittarne per lanciare la loro sfida all'establishment sarebbero Marie Le Pen ed il suo Front National. La data fatale sarebbe in questo caso quella delle elezioni presidenziali del prossimo aprile affrontate al grido di «Fuori dall'Europa». Un grido capace di ammaliare non solo la destra tradizionale, ma anche buona parte di quella sinistra nazionalista delusa da Hollande e dal socialismo d'Oltralpe. Ma l'effetto domino va anche analizzato alla luce di un altro potente catalizzatore rappresentato dal problema migranti. Da questo punto di vista neppure la Cancelliera Angela Merkel può dirsi tranquilla. Grazie alla sua decisione di aprire le porte ad un milione di profughi in arrivo dalla rotta balcanica le forze della destra anti sistema, riunite sotto l'etichetta di «Alternativa per la Germania» sono già cresciute, stando ai sondaggi, ben oltre il 15%. Un addio inglese all'Europa regalerebbe ulteriori energie sia alla destra estrema sia ai verdi, confinando i partiti della «Große Koalition» della Cancelliera ben sotto il 50 per cento in occasione delle elezioni federali che si svolgeranno tra l'agosto e l'ottobre del 2017. In Austria dove lo scorso maggio il candidato del Partito della Libertà (Fpo) Norbert Hofer ha perso per un soffio le elezioni presidenziali l'effetto sarebbe pressoché scontato. Anche perché la formazione di destra ha già auspicato l'organizzazione di una consultazione sulla falsariga di quella britannica. Nella vicina repubblica Ceca è invece lo stesso premier socialdemocratico Bohuslav Sobotka a prevedere «un dibattito sul possibile ritiro dall'Unione da qui a qualche anno» in caso di uscita inglese. Più a nord le paure di un contagio capace d'innescare un referendum simile a quello britannico riguardano soprattutto la Danimarca e la Svezia i due paesi che - al pari di quanto fatto dalla Gran Bretagna con la sterlina - sono entrati nell'Unione Europea tenendosi ben strette le rispettive «corone» locali.

In un paese come la Svezia dove già oggi - stando ai sondaggi- la percentuale degli elettori decisi a restare in Europa cala dal 42 al 32 per cento in caso di uscita inglese, l'effetto Brexit rischia di rivelarsi devastante.

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