Mai era successo che Matteo Salvini fosse politicamente così debole. Al punto che ora in via Bellerio c'è chi ipotizza di mettere mano allo Statuto della Lega Nord - che agli articoli 12, 13 e 15 individua in «tre anni» la durata in carica del Consiglio federale e del segretario federale - così da rinviare a tempi migliori il congresso. Già, perché ai fatidici tre anni mancano poco più di cinque mesi, visto che era il 15 dicembre del 2013 quando Salvini fu eletto segretario. Decisamente un'altra epoca, quella dell'ascesa, con Salvini che riuscì nell'impresa di riprendere per i capelli un Carroccio devastato dal caso Belsito e dalle vicissitudini di Renzo Bossi.
Oggi, però, le cose non vanno così bene. Salvini ha perso le Amministrative su tutti i fronti. Anche a Milano, dove a sorpresa la Lega (11,7%) è stata quasi doppiata da Forza Italia (20,2). Un colpo durissimo alle ambizioni di portare a casa la leadership della coalizione di centrodestra. Ma anche il fare del Carroccio un partito a vocazione nazionale è stato un completo flop, certificato dai pessimi numeri di Noi con Salvini. Il 2,7% di Roma parla da solo. Il tutto, fanno notare i detrattori, «nonostante una sovraesposizione mediatica senza precedenti». Poi ci si è messa la Brexit, perché una cosa è urlare l'uscita dall'euro, altra è farci davvero i conti. Il voto della Gran Bretagna, infatti, ha spaventato molti anche in Italia e non è un caso che Salvini si stia guardando bene dal cavalcarlo.
Questo lo scenario per così dire «esterno» nel quale si muove oggi - con grande difficoltà - il leader della Lega. E non va meglio sul fronte «interno», dove in molti hanno colto il momento di affanno di Salvini e iniziano a muoversi. Roberto Maroni in primo luogo. Anche lui è uscito acciaccato dal voto amministrativo - pesantissima la sconfitta nella «sua» Varese - ma potrà ritagliarsi un ruolo se le diverse anime del centrodestra si riavvicineranno. Se Salvini ha infatti tagliato i ponti con i centristi, Maroni ci governa insieme al Pirellone. Ma in movimento c'è anche Roberto Calderoli, che come responsabile dell'organizzazione del partito è stato ormai di fatto commissariato dai Salvini's boys. A via Bellerio comandano loro, Luca Morisi - spin doctor del segretario - e il suo gruppetto di fidatissimi amici. Che non si occupano solo di comunicazione e social media - si parla di un contratto da 240mila euro l'anno pagato dal Carroccio - ma anche della parte organizzativa. Intorno si sono fatti terra bruciata, i collaboratori più vicini a Calderoli sono stati marginalizzati e l'insofferenza è ormai tangibile. Soprattutto dopo le polemiche che hanno fatto seguito ad un appalto da 38mila euro arrivato senza gara alla società di Morisi dalla regione Lombardia per il restyling del sito di una Asst della Franciacorta.
Un quadro complesso. Su cui pesa anche il fatto che la militanza storica della Lega è ormai sul piede di guerra. Per il trattamento riservato ad Umberto Bossi - che il nuovo corso ha cercato in ogni modo di mettere all'angolo, tanto che in occasione del compleanno fu persino intimato ai parlamentari di non fargli gli auguri sui social network - ma anche per la volontà di archiviare tutta la simbologia bossiana.
Questa estate per la prima volta non si terrà Pontida e il prossimo 15 settembre - venti anni esatti da quando nel 1996 Bossi a Venezia tenne a battesimo la Padania - l'intenzione è quella di non celebrare quella che in Lega è considerata una ricorrenza sacra. O, comunque, di farlo con la sordina. Un vero e proprio restyling della Lega, che dovrebbe concludersi con la chiusura del Movimento giovani padani. Cosa che difficilmente potrà avvenire senza clamori.
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