L'elettricista di Aleppo che salva i gatti dalla guerra

Alla periferia della città bombardata ha già messo al sicuro 100 felini. Raccogliendo fondi da tutto il mondo

L'elettricista di Aleppo che salva i gatti dalla guerra

Alla periferia di una città insanguinata dalla cieca distruzione dell'uomo sorge una piccola oasi, ben celata perché abbia qualche possibilità di sottrarsi alla bieca distruzione umana. Siamo in una delle antichissime regioni della terra, la Siria, culla di grandi civiltà forgiate dall'influenza di egiziani, macedoni, persiani, greci e romani. Oggi, questa tormentata regione, è in cronaca ogni giorno per quello che il segretario della Nazioni Unite Ban Ki-moon ha definito «uno dei più grandi genocidi nella storia dell'umanità». Nella città di Aleppo si consumano, ogni giorno, atrocità spietate nei confronti di chiunque, bambini, anziani, scuole, convogli umanitari. Chi può fugge dalla guerra, chi non può soccombe o tenta di sopravvivere con ogni mezzo. É ad Aleppo che vive una persona straordinaria. Il suo nome, Mohammad Alaa Aljaleel, non dice molto, ma il suo soprannome sì: lo chiamano «the cat man of Aleppo» che potremmo tradurre «il Gattaro di Aleppo».

La sua storia, già da un po' di tempo ha varcato i confini della nazione e il suo nome, prima tramite un pagina di Facebook, poi, tramite l'aiuto di una giovane violinista libanese che vive a Cremona, ha fatto il giro del mondo. Proprio di recente, di lui si è interessata la Bbc che è riuscita a intervistarlo. Mohammad, prima della guerra che ormai infuria da oltre quattro anni, era un elettricista e, da quando la situazione è precipitata, ha deciso di rimanere nel suo paese a guidare ambulanze a a portare soccorso ai feriti. Avrebbe potuto trasferirsi nella confinante Turchia, ma, assieme alla famiglia, ha scelto di restare nella sua nazione ad aiutare la popolazione civile stremata dai bombardamenti perseguendo quello in cui dice ai giornalisti, con semplicità e umiltà, di credere. «Umanità e compassione sono le cose più importanti della vita».

Un giorno, l'uomo vede arrivare sotto casa una bambina che piange disperatamente. Una scena comune in una città che ha visto 40.000 persone abbandonarla per la violenza, il sangue e le torture. Ma la bambina ha in braccio quello che Mohammad stenta un po' a riconoscere. É un gattino. La bimba ha perso quasi tutta la famiglia e alcuni parenti hanno deciso di riparare in un'altra nazione. Ha saputo che il giovane ama molto i gatti e ne ha già salvati alcuni dalla morte. Apre le piccole braccia e lo depone tra quelle solide e muscolose di Muhammad. Ora il suo visino si asciuga e un fuggente sorriso schiude le sue labbra perché il ragazzo le dice: «Lui resterà con me e io ne avrò cura fino a quando torni e quel giorno sarà ancora tuo».

Da quel giorno Mohammad comincia a creare una piccola oasi dove raccoglie soprattutto gatti ma anche alcuni cani dispersi. Tramite Facebook conosce una giovane violista libanese, Alessandra Abidin, che conosce l'arabo e lo aiuta a livello internazionale. Cominciano ad arrivare offerte da tutto il mondo e l'oasi oggi conta più di 100 gatti.

Alla Bbc che gli chiede del perché di questa sua generosità nei confronti dei gatti, in una città così martoriata, lui risponde: «Non lo so e non datemi giudizi morali. Io so solo che anche questa è umanità». E il sorriso di quella bambina lo dimostra.

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