L'esercito di jihadisti nostrani che vive in Italia col sussidio

Sono almeno sette tra combattenti e reclutatori ad avere usufruito di un assegno dallo Stato con la scusa dell'indigenza o della famiglia numerosa

L'esercito di jihadisti nostrani che vive in Italia col sussidio

Jihadisti sì, ma con il sussidio del Belpaese dove reclutano per la guerra santa o incitano a farsi saltare in aria. Nel manipolo di arrestati o ricercati dell'operazione antiterrorismo di giovedì, la coppia Mohamed Koraichi e Alice Brignoli viveva con gli aiuti di stato prima di partire per la Siria. Nelle grosse inchieste dell'ultimo anno sono almeno sette i radicali islamici accusati di terrorismo, che da una parte complottano contro di noi e dall'altra incassavano sussidi vari.

Mohammed e Alice, senza lavoro e con tre figli minori a carico portati nel Califfato, ottenevano assistenza a Bulciaghetto, in provincia di Lecco. Un sussidio che sfiorava i 1.000 euro al mese, la casa popolare concessa dal Comune ed un aiuto sulle bollette. Grazie agli aiuti pianificavano la partenza verso la Siria. Tutto assolutamente previsto dalle leggi vigenti.

Stesso discorso per Ajman Veapi, il 37 enne macedone arrestato a Mestre lo scorso marzo, ma residente ad Azzano Decimo. Il suo vero impiego, secondo le indagini condotte dai carabinieri del Ros di Padova, consisteva nel reclutare jihadisti da mandare al fronte. Veapi risultava disoccupato e seguito dai servizi sociali. Da due anni percepiva 500 euro al mese dal fondo regionale di solidarietà del Friuli-venezia Giulia. Debora Serracchiani, governatore regionale e stellina del Pd si è complimentata con gli investigatori per aver scoperto il reclutatore jihadista, ma per i servizi sociali era tutto a posto.

Lo scorso novembre l'operazione antiterrorismo nella provincia di Bolzano ha portato alla luce una vera e propria beffa. Abdul Rahman Nauroz «particolarmente attivo nell'attività di reclutamento» viveva a Merano in un appartamento «pagato totalmente dai servizi sociali di quella città» si legge negli atti. Un alloggio gratuito dove avrebbe più volte cercato di convincere i suoi allievi «a partecipare ad azioni armate di guerra o terroristiche pianificate come suicide». L'integralista islamico aveva ottenuto la «protezione sussidiaria» dallo Stato raccontando di minacce di morte in Iraq da parte di Ansar al Islam, la stessa organizzazione del terrore di cui faceva parte.

Hassan Saman, un altro arrestato nell'operazione riceveva 2.000 euro al mese dalle nostre casse essendo padre di cinque figli, che sognava di arruolare nelle fila delle bandiere nere.

Nell'aprile 2015 è stata sgominata una rete di jihadisti, che aveva collegamenti con il Pakistan. A Foggia venne arrestato l'afghano Yahya Khan Ridi. Secondo gli investigatori era «il principale responsabile del trasferimento di denaro da e per il Pakistan». Nell'ordinanza il giudice per le indagini preliminari annota che «era arrivato illegalmente in Italia ottenendo indebitamente lo stato di rifugiato, in quanto si era accreditato falsamente come vittima di persecuzioni da parte dei talebani (ai quali invece era contiguo)». I rifugiati politici vengono equiparati ai cittadini italiani in materia di assistenza pubblica e assicurazione sociale. L'Inps certifica, che «viene riconosciuto il diritto all'assegno per la famiglia per se stessi e per il proprio nucleo familiare, compresi i familiari residenti all'estero». Il minimo è di 485 euro al mese, ma può arrivare a 23.300 euro all'anno con i ricongiungimenti.

Un altro jihadista, si legge nell'ordinanza, si era presentato nel 2011 «alla Questura di Foggia dichiarando di essere perseguitato per motivi religiosi». Il suo referente nella rete lo aveva consigliato di spacciarsi per cristiano. Il 7 marzo 2012 la Commissione territoriale di Bari gli ha garantito la protezione internazionale rilasciandogli un permesso di soggiorno per cinque anni. Ed automaticamente sono scattati i benefici dell'assistenza economica.

Nel gruppo dei pachistani spicca Hafiz Muhammad Zulkifal con 8 figli. L'imam della guerra santa abitava in una casetta di Verdellino nel bergamasco. Al fisco risultava nullatenente.

Così riusciva ad incassare i sussidi per l'affitto (2500 euro in due anni) e per la scuola della prole (fino a 400 euro) oltre all'assegno familiare per i nuclei numerosi.

Alla beffa si è aggiunto più volte il danno per l'erario delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo per aver rimandato terroristi condannati in Italia a casa loro, dove vige la pena di morte. Uno dei casi più eclatanti riguarda il tunisino Sami Ben Khemais Essid della cellula jihadista di Milano scoperta nel 2001.

Otto anni dopo la Corte europea ha condannato l'Italia

imponendo pure una penale di 15mila euro più interessi legali. Soldi dei contribuenti per un terrorista, che con la primavera araba è uscito dal carcere aderendo ad Ansar al Sharia, la costola tunisina dello Stato islamico.

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