Nessuno sconto sugli impegni presi dall'Italia. Nel 2019 deficit e debito dovranno calare come da programma. I trattati non si modificano ma si applicano. Stop anche a qualunque cambiamento di rotta sui migranti. Da Bruxelles è arrivato un triplice stop rivolto alla maggioranza giallo-verde. Messaggio esplicito, scattato proprio nella fase più difficile delle trattative tra M5S e Lega Nord, al quale Matteo Salvini ha risposto parlando di una «inaccettabile interferenza» e Luigi Di Maio attaccando gli «eurocrati non eletti».
Il primo colpo è arrivato da Valdis Dombrovskis, vice presidente della Commissione Ue, in un'intervista a Politico sull'Italia. «È estremamente chiaro che l'approccio deve essere quello di ridurre il debito. Come Commissione, non siamo coinvolti nelle discussioni politiche dei partiti relative alla formazione del governo», poi «non posso anticipare le raccomandazioni per uno specifico paese, ma ovviamente se si guarda alle precedenti raccomandazioni e alle sfide che l'Italia sta affrontando», ci si deve concentrare su «questioni fiscali, riduzione del debito pubblico. L'Italia ha il secondo debito pubblico» dopo la Grecia, aggiunge. Quindi riduzione del debito «indipendentemente dal governo che ci sarà». Un messaggio importante anche perché arriva a pochi giorni dal giudizio della Commissione sui conti italiani e in una giornata cruciale per i destini della politica italiana. Segno che la pressione di Bruxelles, oltre a quella dei mercati, non è venuta meno.
Le parole del commissario europeo hanno un significato duplice. Il primo messaggio è che gli accordi sui conti pubblici dovranno essere rispettati dal nuovo governo. Poi che, come previsto da molti, i numeri contenuti nel Def presentato dal ministro uscente Pier Carlo Padoan, anche se si limitano a previsioni a legislazione invariata, andranno rispettati. Nessun accenno agli aumenti Iva, ma è chiaro che gli sforzi dovranno concentrarsi sugli impegni già presi.
Il debito dovrà scendere di 2,8 punti percentuali di Pil. Giù anche il deficit per lo 0,6% del Pil. Il prossimo governo, insomma, dovrà fare meglio dei precedenti. Poco importa che la maggioranza ai blocchi di partenza, quella di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, sia poco propensa a seguire le regole europee.
Alle parole del falco lettone è seguita una mezza correzione di rotta ufficiosa della Commissione, per assicurare che Bruxelles collaborerà con tutti. Poi però il messaggio di Dombrovskis è stato rafforzato da un altro vicepresidente della Commissione Europea Jyrki Katainen, secondo il quale «le regole del patto di stabilità e crescita si applicano a tutti gli Stati membri dell'Ue». Tradotto, gli spazi per ridiscutere dei patti sono minimi.
Fino a qui niente di nuovo. Ma ieri si è fatto sentire il commissario responsabile per l'immigrazione, Dimitris Avramopoulos auspicando che col nuovo governo in Italia «non ci siano cambiamenti sulla linea della politica migratoria».
Immediata la reazione di Salvini: «Dall'Europa ennesima inaccettabile interferenza di non eletti. Noi abbiamo accolto e mantenuto anche troppo, ora è il momento della legalità, della sicurezza e dei respingimenti».
D'accordo il leader del M5S Luigi di Maio: «Abbiamo attacchi continui da eurocrati non eletti da nessuno». Reazioni attese, anche se le posizioni di Bruxelles non possono essere ignorate. E la coalizione giallo verde lo sa bene.
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