Non c'è pace nemmeno per chi ha subito un terremoto. Immaginate di avere un'impresa in una zona colpita da una calamità naturale, di aver perso in tutto o in parte i vostri capannoni e le vostre case. Lo Stato decide di arrivare in vostro aiuto, magari scontandovi del 60% le tasse che avete pagato nell'anno del disastro. Non potrete che gioirne, sperando di poter utilizzare quelle risorse per recuperare le vostre capacità economiche perdute.
E' successo più di una volta in Italia. Dopo il terremoto del 1990 in Sicilia e le inondazioni del 1994 in Italia settentrionale, il governo ha consentito alle imprese di sospendere e rinviare il pagamento delle imposte. Lo stesso è avvenuto nei terremoti in Umbria e nelle Marche (1997), in Molise e in Puglia (2002), in Abruzzo (2009) e in Sicilia (2002). La paercentuale delle tasse annullate è andato via via riducendosi, partendo dal 90% del 1990 fino ad arrivare al 50% del 2002.
Sono misure eque, che permettono agli imprenditori di recuperare il terreno perso a causa dei crolli. Però, dopo più di 25 anni dal primo decreto e a 6 anni dal terremoto che ha distrutto L'Aquila, l'Europa obbliga l'Italia a riprendersi indietro quelle risorse. In un comunicato stampa datato 14 agosto 2015, infatti, la Commissione europea spiega di aver indagato accuratamente sulla vicenda. Con l'obiettivo di scoprire se e in che misura gli aiuti di Stato che il governo italiano ha concesso alle imprese danneggiate abbiano violato le normaive Ue che difendono la concorrenza del mercato unico. In poche parole, l'Europa ha voluto assicurarsi che i soldi pubblici non abbiano avvantaggiato le imprese italiane rispetto a quelle di altri Paesi. Nemmeno di fronte alla tragedia i burocrati hanno pensato di alzare bandiera bianca.
Secondo la Commissione, infatti, la normativa italiana che assegnava gli aiuti di Stato non obbligava le imprese a dichiarare di aver subito un danno per ottenere lo sgravio fiscale, né di comunicarne l'eventuale enitità. In questo modo, dicono i burocrati, si sarebbero verificate assegnazioni di aiuti a chi non aveva capannoni nel luogo del terremoto e diverse sovracompensazioni dei danni.
Così - si legge nella nota fatta arrivare alla stampa - "le autorità italiane sono tenute a recuperare gli aiuti di Stato incompatibili erogati nell'ambito delle misure in esame". Ma non tutte, ovvio. Per gli eventi di oltre 10 anni fa è ormai scattata una sorta di prescrizione e l'Italia dovrà recuperare solo gli aiuti a quelle imprese che non avevano sedi fisiche nel luogo del terremoto. Solo nel caso del terremoto in Abruzzo del 2009 le imprese si vedranno arrivare una cartella che dichiarerà quanto dovranno ridare indietro allo Stato: "Per la misura più recente relativa al terremoto del 2009 in Abruzzo - si legge infatti - le autorità italiane devono recuperare anche l'importo della sovracompensazione ottenuta dalle imprese".
Così dopo 6 anni, quando quelle risorse saranno state
sicuramente già investite in attività produttive e di recupero della produttività, le aziende abruzzesi dovranno trovare il modo di scucire indietro i soldi. L'Europa ha deciso di colpirli con un altro terremoto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.