L'ex giudice anti Berlusconi scende in piazza coi grillini

Esposito condannò il Cavaliere, adesso arringa le folle contro il Rosatellum: «I Cinque stelle lascino le Camere»

L'ex giudice anti Berlusconi scende in piazza coi grillini

Che il M5S corteggi i magistrati e voglia fare il «partito dei giudici» si sa da tempo e ora, per la sua lotta (inutile) contro il Rosatellum, punta sull'ex toga diventata simbolo dell'antiberlusconismo: Antonio Esposito, presidente del collegio della Cassazione che nel 2013 condannò definitivamente il leader di Forza Italia per frode fiscale, provocandone la decadenza dal Senato.

Che c'è di meglio?, devono aver pensato Beppe Grillo e i suoi, del presidente emerito della Suprema corte, andato in pensione nel 2015 a 75 anni e fratello di Vitaliano, già potente Pg del palazzaccio. Così, lui sale sul palco a piazza Navona e arringa il popolo dei Cinque Stelle. Si scaglia, come riferisce Il Tempo, contro «la peggiore legge elettorale di sempre», sicuramente «incostituzionale». Esposito dice che è «necessaria una grande mobilitazione democratica che coinvolga, oltre ai cittadini, anche comitati, associazioni, sindacati e perché no, anche magistrati a cui nessuno può impedire di manifestare il proprio pensiero». A deputati e senatori grillini indica l'Aventino: «Abbandonino definitivamente i lavori parlamentari, non è più tempo di sterili iniziative quali la temporanea uscita dell'aula», servono «gesti forti» come «quello di astenersi dal partecipare ai lavori parlamentari».

Insomma, un bel comizio politico, per l'ex magistrato chiacchierone, finito sotto procedimento disciplinare al Csm per aver anticipato al Mattino, dopo la sentenza su Berlusconi e prima del deposito delle motivazioni, che il Cavaliere non era stato condannato «perché non poteva non sapere», ma «perché sapeva». Assolto, ma bacchettato da Palazzo de' Marescialli per l'intervista «particolarmente vistosa e inopportuna», Esposito non ha perso loquacità e voglia di apparire neppure quando è finito nei guai il figlio Ferdinando. Pm a Milano e amante del lusso, mentre al padre veniva assegnato il processo Mediaset, lui si salvava da un procedimento disciplinare per aver scorrazzato in Porsche ed essere andato a cena «inopportunamente»(anche lui) con Nicole Minetti, imputata nel processo Ruby, poi condannata a 5 anni. Nel 2016 è andata peggio: condannato a Brescia a 2 anni e 4 mesi per «induzione indebita» (da un commercialista s'era fatto prestare 5 mila euro per presentargli colleghi utili per incarichi da consulente) e per «tentata induzione indebita» (si era fatto pagare da un amico l'affitto di 32mila euro annui dell'attico vicino al Duomo, che fino allora già avevano pagato altri due personaggi). Venne fuori che tra il 2009 e il 2013 era andato 4 volte ad Arcore da Berlusconi (di cui in procura c'era un processo pendente), per farsi aiutare ad entrare in politica.

Il papà Antonio, comunque, per i Cinque Stelle è un eroe. E la sua partecipazione romana conferma che il «grillinismo» pervade trasversalmente la magistratura, conquista giovani e anziani, pm e giudici.

D'altronde, la voce giustizialista del M5S da tempo è Pier Camillo Davigo, che qualcuno vede in futuro a Palazzo Chigi, malgrado le smentite, al posto di Di Maio.

Attratti da Grillo, anche il pm della trattativa Stato-Mafia Nino Di Matteo e Antonio Di Pietro. E alle convention hanno partecipato da Sebastiano Ardita a Gherardo Colombo, mentre il procuratore di Milano Francesco Greco si è fatto tentare ma ha dato forfait.

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