In Libia arrivano i carabinieri. In 100 per blindare i confini

La principale via africana del traffico di esseri umani sarà protetta da guardie addestrate dai nostri militari

In Libia arrivano i carabinieri. In 100 per blindare i confini

Missione militare italiana nel sud della Libia, per creare una guardia di frontiera locale che dovrà presidiare la principale porta d'ingresso del traffico di esseri umani diretto da noi. E verrà riesumato anche un grande progetto di Finmeccanica per la sorveglianza elettronica del confine, come ha appreso il Giornale. La notizia della missione è stata annunciata ieri durante una riunione al Viminale, presieduta del ministro dell'Interno, Marco Minniti, sull'attuazione del memorandum italo-libico per la lotta all'immigrazione clandestina ed il terrorismo. Poco meno di 100 uomini, probabilmente carabinieri, dovranno addestrare le guardie di frontiera libiche e garantire sicurezza al personale dell'Onu che opererà nell'area meridionale. La missione sarà dislocata in una base da costruire o ristrutturare della zona desertica al confine con il Niger. Un postaccio dove operano bande di trafficanti di uomini, contrabbandieri di armi e droga oltre ai resti dello Stato islamico in Libia.

Alla Difesa gettano acqua sul fuoco spiegando «che siamo a disposizione, ma bisogna affrontare i dettagli con i libici ed in termini operativi ci vorrà tempo». Il ministro Roberta Pinotti sottolinea che per nuovi uomini in Libia «se ne parla prima di tutto in Parlamento». Questo significa che l'intervento urgente potrebbe slittare al prossimo anno. Lo stesso Minniti ha anticipato che l'idea è di far diventare le tribù del sud un «elemento di forza di una guardia di frontiera coordinata con Niger, Ciad e Mali, cioè avere una guardia di frontiera che controlli insieme le nuove frontiere, anche con le nuove tecnologie, dai sensori laser sino ai droni».

Il progetto tecnico di Finmeccanica è già pronto dall'ultimo anno di potere del colonnello Gheddafi. La rivolta ha bloccato tutto, ma erano stati individuati i punti nel deserto dove piazzare reti, telecamere e sensori. Il costo di 300 milioni di euro è stato in parte pagato. Al resto dovrebbe pensarci l'Unione europea. In pratica si sta preparando la fase tre della lotta all'immigrazione clandestina, che in qualche maniera coincide con la stabilizzazione della Libia. La prima ha interrotto il servizio «taxi» per i migranti delle navi delle Ong. La seconda ha riguardato il rafforzamento della guardia costiera libica e soprattutto gli accordi con le milizie che proteggevano i trafficanti sulla costa attraverso il governo di Tripoli. In questo contesto rientrano i 200 milioni di euro italiani ed europei per 13 municipalità libiche toccate dal traffico di esseri umani. L'Italia, nelle prossime settimane, invierà consistenti aiuti di emergenza a queste città. E non è un caso che i sindaci del sud coinvolti nei progetti triennali finanziati dall'Italia e dalla Ue sono delle tribù Tebu, Soleiman e Tuareg «guardiani del deserto». I loro uomini dovrebbero far parte della guardia di frontiera che verrà addestrata dalla missione italiana. I primi risultati del piano Minniti si sono già visti con la riduzione el 35% degli arrivi dal Niger in Libia.

Anche le Nazioni unite hanno promesso di fare la sua parte aumentando ed accelerando i rimpatri dei migranti bloccati in Libia per arrivare a 15-20mila a fine anno.

«L'agenzia dell'Onu dei rifugiati e l'Organizzazione internazionale delle migrazioni adesso ha a disposizione un fondo di 170 milioni di euro - osserva la fonte del Viminale - che deve servire ai rimpatri, ma pure a migliorare le condizioni di vita dei migranti nei centri di detenzione in Libia».

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