Si spezza il filo tenue della speranza, l'angoscia dei familiari precipitatisi a Bruxelles cede il passo al dolore via via che si compie il drammatico rito dei riconoscimenti. C'era anche l'italiana Patricia Rizzo alla fermata di Maelbeek del metrò, in quella maledetta mattina degli attentati. Ora è sicuro: il cadavere della funzionaria data per dispersa è stato riconosciuto tra le vittime. Ad annunciarlo il cugino, in un post su Facebook : «Purtroppo Patricia non è più tra noi. È difficile... Ma almeno adesso siamo sicuri, dopo questa interminabile corsa contro il tempo per ritrovarti, Pat...». Ed è di ieri anche la certezza dell'identità della giovane tedesca di origini italiane, Jennifer Scintu Waetzmann, finita tra le vittime delle bombe all'aeroporto Zaventem. Mentre il numero dei morti cresce con il passare delle ore, e potrebbero esserci altri dispersi italiani, proseguono anche le polemiche per una struttura investigativa «colabrodo», come quella belga. Ma anche le indagini in tutta Europa per ricomporre il complesso mosaico delle complicità: molte delle piste seguite portano all'Italia, che pare configurarsi sempre più come una piattaforma di transito verso il Nord-Europa per armi e terroristi, di cui spesso si scoprono trascorsi nel Belpaese. Non solo perciò Salah Abdeslam, il kamikaze fallito delle stragi di Parigi, transitato sul traghetto Patrasso-Bari prima di tornare in Francia. Ma anche uno di quelli che potrebbe rivelarsi un suo complice e che pare si trovasse con lui nel covo belga: si tratta di un ventottenne marocchino arrestato mercoledì sera in Germania, durante un controllo di routine nei pressi di Giessen, vicino Francoforte. La polizia ha riscontrato che all'uomo era stato vietato di entrare nello spazio di Schengen per dei precedenti penali in Italia e Germania e che era in possesso di una falsa patente italiana, come scrivevano ieri molti media tedeschi, a cominciare dal sito della Zdf. Quest'ultimo riferiva anche di un ricovero del giovane in un ospedale di Bruxelles il 18 marzo scorso, a causa di una ferita da taglio alla spalla. Il marocchino, di cui sono ancora ignote le generalità, pare avesse precedenti assai gravi (per complicità in un omicidio in Italia e per truffa in Germania). Secondo il sito del settimanale Der Spiegel a «tradirlo» sarebbero stati due sms sospetti trovati sul suo cellulare e risalenti al 22 marzo, il giorno degli attentati: nel primo ci sarebbe scritto il nome del kamikaze El Bakraoui, nel secondo, inviato alle 9.08, la parola «fin» in francese (il kamikaze si è fatto saltare in aria tre minuti dopo, alle 9.11). Anche un'altra persona di origine araba e di religione salafita è stato fermato dalla polizia tedesca, a Duesseldorf. Secondo le autorità locali si tratterebbe di Samir E., fermato dalle autorità turche al confine tra Turchia e Siria a metà dell'anno scorso (dove era stato preso anche El Bakraoui e i due sarebbero stati espulsi sullo stesso aereo per Amsterdam che avevano preso per andare in Turchia). Il salafita è ora indagato in quanto «preparava un grave atto di violenza contro lo Stato». Intanto è stato già espatriato un altro marocchino, di 37 anni, arrestato ieri all'alba a Fara Filiorum Petri, in provincia di Chieti. L'uomo, sposato e padre di due bambini, era il responsabile di un centro preghiere.
Ma si spacciava per imam e aveva inneggiato alle stragi dell'Isis, proprio come il somalo arrestato nei giorni scorsi in Molise, e ieri interrogato di nuovo. Il giovane si è trincerato in un ostinato mutismo che ne sta aggravando la posizione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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