L'India diventa più occidentale: via la legge che puniva l'adulterio

Risaliva al 1860 e considerava la moglie proprietà del marito

L'India diventa più occidentale: via la legge che puniva l'adulterio

Dopo l'omosessualità, l'adulterio. L'India continua il suo percorso di avvicinamento (almeno sotto il profilo legislativo) al mondo occidentale. All'inizio del mese era stata abrogata una legge, che risaliva al 1861 e dunque all'epoca della dominazione coloniale britannica, che sanzionava i rapporti omosessuali equiparandoli a un reato. Ieri è stata cancellata un'altra legge - che era entrata in vigore addirittura nel 1860 - che puniva il reato di adulterio.

La Corte suprema di New Delhi ha stabilito, accogliendo il ricorso di un quarantenne uomo d'affari indiano residente in Italia, che la legge vecchia di 158 anni era discriminatoria sia nei confronti degli uomini che delle donne. I primi, infatti, erano gli unici punibili in quanto considerati i soli effettivi autori di un atto seduttivo (come confermato per l'ultima volta dalla stessa Corte nell'ormai lontano 1954, quando l'India si era già resa indipendente da Londra), mentre le seconde venivano trattate alla stregua di un oggetto di proprietà del marito: la legge infatti descriveva l'adulterio come «rapporti sessuali avuti da un uomo con una donna sposata senza il consenso del marito». Da questo discendeva che in India solo l'uomo aveva il diritto di sporgere denuncia per adulterio.

Questo reato era punito con un massimo di 5 anni di carcere, ma la pena riguardava appunto solo l'uomo. Una legge certamente antiquata, ma che in fondo rifletteva la realtà di gran parte della società indiana, dove il ruolo maschile permane preminente sia sotto l'aspetto economico (è l'uomo che mantiene la famiglia con il suo lavoro), sia sotto quello familiare e sociale, come autore riconosciuto della perpetuazione della stirpe. Un dato di fatto che viene confermato dal persistere - nonostante una apposita legge lo proibisca - della rovinosa tradizione che obbliga la famiglia della sposa indiana a fornire costosissime doti in cambio dell'ingresso in quella del marito.

«Qualunque disposizione che considera la donna in un livello di disuguaglianza non è costituzionale - ha dichiarato il presidente della Corte Dipak Misra spiegando la sua decisione -.

È arrivato il momento di dire che il marito non è il proprietario della sua sposa. E che la superiorità legale di un sesso su un altro è sbagliata». Inoltre, ha osservato Misra, se l'adulterio è ancora causa di un procedimento civile come il divorzio, allora «non può essere un reato penale».

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