L'India vuole tenersi i marò «Contesteremo l'arbitrato»

Il governo di New Delhi non vuole che i nostri fucilieri siano giudicati da un tribunale internazionale. Ma la procedura proseguirà d'«ufficio»

L' India sembra non aver alcuna intenzione di accettare l'arbitrato internazionale chiesto dall'Italia sul caso marò, ma per il momento la Corte suprema ha concesso altri sei mesi di cure in Puglia a Massimiliano Latorre. «È sbagliato dire che l'India ha acconsentito all'arbitrato. Piuttosto lo contesteremo» ha dichiarato all'agenzia Re uters il vice procuratore generale Narasimhan, che nel caso presso la Corte suprema rappresenta il governo indiano. Nell'udienza fissata il 26 agosto, secondo l'avvocato dello Stato, «verrà contestata la richiesta dell'Italia» e «si ribadirà che l'India dovrebbe avere da sola la giurisdizione per processare i reati commessi dai due marò».

Una doccia fredda per il governo italiano, che ieri cantava vittoria sulla «decisione del governo indiano di partecipare all'arbitrato internazionale». Decisione preannunciata da indiscrezioni della stampa locale, ma che sarebbe campata per aria. «Delhi può farlo, ma l'arbitrato va avanti lo stesso, anche senza la partecipazione dell'India» spiega Angela Del Vecchio, docente di diritto internazionale alla Luiss di Roma.

Gli indiani hanno ratificato la Convenzione Onu che prevede l'arbitrato, ma possono contestarlo. Il problema è che questa strada l'Italia avrebbe dovuto imboccarla due anni e mezzo fa. Il Giornale ha ritrovato un comunicato ufficiale del ministero degli Esteri, che l'11 marzo 2013 già annunciava l'avvio di un arbitrato internazionale poi travolto dalla pavida decisione del governo Monti di rimandare i due fucilieri di Marina in India. “Non solo: la stessa Corte suprema indiana nel gennaio di quell'anno, quando aveva ordinato il trasferimento dei marò dal Kerala a Delhi, indicava nella sentenza la via dell'arbitrato», fa notare Del Vecchio, che per prima aveva indicato questa strada. «Se lo avessimo fatto subito a quest'ora il caso sarebbe definitivamente risolto senza alcun braccio di ferro» osserva l'esperta.

Ieri la Corte ha fissato per il 26 agosto la decisione sulla sospensione del procedimento in India contro i due fucilieri di Marina chiesto dall'Italia. E concesso altri sei mesi di cura in Italia a Massimiliano Latorre.

Il 18 marzo 2013, un comunicato ancora presente sul sito della Farnesina, spiegava che «l'Italia continua a ritenere che il caso dei suoi due fucilieri di Marina debba essere risolto secondo il diritto internazionale. In questo senso abbiamo proposto di deferire all'arbitrato o altro meccanismo giurisdizionale la soluzione del caso». Una settimana prima era stata formalizzata all'India «l'apertura di una controversia internazionale».

I marò erano in Italia in permesso e il governo di Delhi minacciava rappresaglie per farli tornare. Il presidente del Consiglio di allora, Mario Monti, alzò bandiera bianca rimandando Latorre e Girone in India.

«Abbiamo perso due anni - denuncia il ministro degli Esteri di allora, Giulio Terzi, che si dimise per protesta - Se avessimo proceduto a marzo 2013, quando già era tutto pronto per l'arbitrato obbligatorio, così come abbiamo fatto adesso, non ci sarebbe stato bisogno di rimandare in India i due fucilieri e di esporli a questo calvario».

Il governo Letta con il ministro egli Esteri, Emma Bonino, seguì la strada della soluzione giudiziaria in India senza arrivare da nessuna parte.

Adesso ci siamo, ma si tenta ancora di indorare la pillola o spargere fumo negli occhi. Il procedimento arbitrale durerà almeno due anni. Nel giro di 90 giorni, anche se l'India si opponesse, entrerà nel vivo attraverso il tribunale del Mare di Amburgo, ma non è detto che l'altro marò, Salvatore Girone, sempre bloccato a Delhi, torni a casa.

Ieri il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha annunciato che «l'Italia si accinge ad attivare tutte le misure necessarie per consentire il rientro in Italia» del fuciliere di Marina. «È difficile che il tribunale internazionale accetti. Si tratterebbe di una scelta di posizione favorevole all'Italia - spiega Del vecchio - Tuttavia il tribunale potrebbe decidere di spostarlo dall'India e trasferirlo in città neutre, come Parigi o Bruxelles, sede della Nato, in attesa del pronunciamento dell'arbitrato».

Latorre, compagno dell'Odissea giudiziaria, ha ribadito: «Sono soddisfatto, ma il mio pensiero, ogni giorno, è sempre rivolto a Salvatore e al desiderio di poterlo, riabbracciare, in Italia».

diFausto Biloslavo

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