Richiesta d'asilo negata. Anzi, accolta. Sì, ma solo parzialmente. E allora ricorso sia. Primo grado. Appello. Cassazione. Con i «no» che si trasformano in «sì» nel 34% dei casi e i migranti che sventolano il verdetto che dà loro diritto a restare in Italia. Nel frattempo però il ping pong infernale innescato dalla burocrazia dell'immigrazione ingolfa la pachidermica macchina della giustizia italiana. La stessa che fatica a mettersi al passo con gli altri Paesi europei per la lentezza cronica dei suoi processi, (3,8 milioni di cause civili pendenti nel 2016), dove un cittadino italiano in media deve attendere 532 giorni per una sentenza civile di primo grado (contro la media Ue di 237 giorni), ora si trova schiacciata sotto il peso di oltre 50mila istanze di asilo pendenti tra tribunali e corti d'Appello.
Insieme al sistema di accoglienza, la cronica emergenza sbarchi ha travolto anche le aule di giustizia. Il decreto firmato dal ministro dell'Interno Marco Minniti promette di risolvere il caos sveltendo procedure d'asilo ed espulsioni ma finora le cause aperte dai migranti che impugnano le decisioni delle commissioni territoriali hanno costretto gli uffici ad arrangiarsi. Non bastassero le grida d'allarme giunte a ripetizione dagli uffici giudiziari di mezza Italia soffocati dalle pratiche in materia di immigrazione, il rischio default sta scritto nero su bianco in un rapporto dell'ufficio statistico del Consiglio superiore della magistratura. Che attraverso dei questionari raccolti tra 30 tribunali e 27 corti d'Appello ha quantificato l'impatto del nuovo filone sul sistema giudiziario: a ottobre 2016 le cause pendenti intentate dai migranti contro il ministero dell'Interno erano 50.956. Di cui 8.848 in secondo grado.
Il flusso di ricorsi è piombato sulla già pesante mole di lavoro di giudici che si barcamenano tra le cause ordinarie e quelle sulla protezione internazionale inaugurate dall'esplosione delle rotte migratorie. Tanto che ormai il 16% del totale dei magistrati civili si occupa via esclusiva dei ricorsi di aspiranti profughi rigettati dalle commissioni. Il 24,6% degli uffici giudiziari ha da tempo organizzato una sezione autonoma che tratta i ricorsi dei migranti, il 16,2% dei giudici civili di primo grado vi si dedica ormai in via esclusiva, mentre il 40% di quelli impegnati nelle Corti d'Appello si divide tra i fascicoli civili e quelli d'asilo. Un girone, il secondo grado, in cui il diniego alla richiesta di asilo viene ribaltato in accoglimento nel 26% dei casi, (nel 34% in primo grado, dati 2016). La più intasata è la corte d'Appello di Milano con 1.184 procedimenti pendenti, seguita da Ancona con 894, da Torino con 785 cause pendenti, e dai 670 della Corte d'Appello di Bologna. E se la possibilità di impugnare la decisione delle commissioni territoriali è stata ora abolita dal decreto Minniti nell'intento di velocizzare l'esame delle istanze e di evitare l'ingorgo nelle aule, il provvedimento potrebbe rivelarsi una toppa peggiore del buco. Finendo per paralizzare questa volta la Cassazione.
Lo ha ribadito anche il Csm nel parere con cui ha adottato le linee guida generali del provvedimento: «È chiaro che la soppressione del grado di appello potrebbe comportare l'afflusso in Cassazione dei procedimenti definiti in senso negativo per il richiedente, con un incremento esponenziale e difficilmente sostenibile dal giudice di legittimità». Il 54% dei ricorsi viene rigettato già al primo grado, ma per arrivare a verdetto si attendono 278 giorni. Che i ricorrenti, intanto, trascorrono nelle strutture di accoglienza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.