Come ogni vigilia importante, anche quella del voto online sul caso Diciotti è stata carica di tensione. Parlamentari vicini a Luigi Di Maio che, solo sabato, ostentavano sicurezza, e il giorno dopo azzardavano previsioni fosche. Attivisti infuriati, dissidenti in piena campagna elettorale contro la linea dei vertici. Cani sciolti dubbiosi su quale sia la vera strategia di Di Maio, «magari stavolta è Salvini che dovrà adeguarsi a noi, altrimenti cade il governo» è il ragionamento di questi ultimi. Alla fine dell'elenco delle tribolazioni, ma non meno significativo, l'ennesimo malumore di Beppe Grillo nei confronti del capo politico.
Quindi, se il veleno è nella coda, forse il segnale più forte della giornata è arrivato proprio dal Garante. È il primo pomeriggio, quando Grillo scrive parole pesanti, anche se edulcorate dalle metafore. «Se voti Sì vuol dire No, se voti No vuol dire Sì - commenta riferendosi alla formulazione astrusa del quesito - siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!». Comma 22, la prima citazione, rimanda al romanzo Catch 22, dello scrittore americano Joseph Heller. Nel libro, che racconta le vicende di un gruppo di aviatori Usa durante la seconda guerra mondiale, il «comma» non è altro che un inganno. La regola in questione dà soltanto l'illusione della possibilità di scegliere, ma trascina i protagonisti in un cortocircuito senza vie d'uscita studiato dagli apparati burocratico - militari. Ecco spiegato il riferimento alla consultazione farsa. La sindrome di Procuste, invece, consiste nell'invidia che i mediocri provano verso chi è più talentuoso e di successo. In questo caso forse Grillo si riferisce all'esito del risultato, variabile a seconda della considerazione che il M5s ha dell'alleato Salvini.
Però c'è chi non se la beve, come Marika Cassimatis, a marzo del 2017 esclusa su ordine del comico dalla corsa per la poltrona di sindaco di Genova. Cassimatis, parlando con il Giornale, smaschera il fondatore: «In realtà questo metodo lo ha inventato lui, quando con un fidatevi di me annullò l'esito della votazione da me vinta su Rousseau, perché non coincideva con il suo volere». Ad aumentare i sospetti c'è un commento di Alice Salvatore, consigliera regionale ligure ex braccio destro di Grillo, ora vicina a Di Maio. Che su Facebook risponde così a un attivista: «La consultazione di domani non è decisionale né definitiva. Poi la decisione verrà presa successivamente».
Oltre ai mal di pancia del Garante, ci sono quelli della base. Sul Blog e sui social gli attivisti bocciano la piroetta sull'autorizzazione a procedere. Alessandro Labanti, ad esempio, scrive: «Beppe dove sei? Ma ti rendi conto cosa è diventato il Movimento da quando hai delegato?». La rabbia è endemica: «Siete scandalosi! - aggiunge un altro militante - neanche la peggiore Dc ci era riuscita». Gli endorsement per mandare Salvini a processo si moltiplicano. C'è pure quello di Andrea Severini, marito della sindaca di Roma Virginia Raggi: «Voto No, ma la domanda è mal posta. Non si deroga sui nostri principi, i processi si affrontano come hanno fatto Chiara, Filippo e Virginia». Al caos si è aggiunta ieri la contestazione, avvenuta a Taranto, da parte di un gruppo di cittadini nei confronti di tre deputati Cinque Stelle tarantini. L'accusa mossa al M5s è di essersi rimangiato la promessa della chiusura dell'Ilva. Molti parlamentari contribuiscono all'attacco concentrico. In tanti annunciano il loro voto contro il leader della Lega.
E in un blog su Huffington Post, le senatrici Paola Nugnes ed Elena Fattori rivelano il contenuto di una lettera inviata a Di Maio, Grillo e Fico in cui denunciano l'inopportunità di affidare decisioni sul governo alla piattaforma Rousseau. Un deputato campano dice al Giornale: «Nel mio territorio, la maggioranza è per concedere l'autorizzazione». Poi il silenzio, parlerà Rousseau.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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