La lira turca affossa i mercati E Trump raddoppia i dazi

Inflazione fuori controllo e moneta sempre più debole Cedono le piazze europee. Gli Usa non mollano la presa

La lira turca affossa i mercati E Trump raddoppia i dazi

N on è stata una sorpresa, anche se i mercati stanno reagendo male perché l'inflazione è fuori controllo. La caduta della lira turca, che ieri ha fatto registrare un altro record negativo, con meno 13% su dollaro, è la conseguenza della lenta combustione dell'economia di Ankara dettata dal bluff che Erdogan ha in mano da parecchi giri di poker. E i sospetti su presunti nemici del Sultano non c'entrano. In tutto in un anno ha perso il 40% rispetto al biglietto verde.

La diciassettesima economia del mondo agita i mercati. E, a quanto pare, gli analisti della Bce: secondo il Financial Times la Banca centrale sarebbe in allarme per l'esposizione di alcune grandi banche europee.

Si teme la fuga di capitali, una maggiore instabilità in una macro regione strategica per i destini del Medio Oriente oltre al crescente conflitto con Trump, che annuncia un raddoppio dei dazi su alluminio e acciaio, mentre Mosca attiva le sue «contromisure» per sostenere il rublo.

In ansia le Borse europee che cedono quasi tutte, quelle asiatiche temono per i numerosi investimenti così come accadde per crisi finanziaria in Grecia: è la ragione per cui torna a circolare l'ipotesi di capital control da applicare ad Ankara. Piazza Affari perde il 3% e il Ftse Mib è sotto i 21 mila punti mentre lo spread è ai massimi di giornata (264 punti base). Male l'euro che scende ai minimi dal luglio 2017 segnando 1,1432 contro il dollaro. Istanbul segna meno 2,31 mentre dall'inizio dell'anno è a meno 17,68%.

L'iper deficit che Erdogan ha portato avanti da anni e le influenze sulla banca centrale turca con mire politiche più che dettate dalla logica dei conti sono alla base del possibile crac. Lo dimostrano anche le non-decisioni del ministro dell'Economia, suo genero, Berat Albairach, che cerchia in rosso il 2020 come data per dimezzare l'inflazione, aggiungendo che le banche sono sane in virtù di un surplus di capitale. E invece la realtà parla di passività in valuta delle società che toccano 337 miliardi di dollari condite da un deficit di 217,3. Le esposizioni delle banche straniere sono guidate da quelle spagnole con 83 miliardi di dollari, poi le francesi a 38 e le italiane a 17 miliardi.

La Turchia sta procedendo con il piglio di chi continua a immettere nel sistema soldi di provenienza pubblica senza una regia logica, con sullo sfondo una marea di denari investiti in lavori pubblici, bonus alle pmi, difesa, esposizione con le banche del Golfo non più inclini a prestiti a fondo perduto. Il presidente resta spavaldo: «Loro hanno i dollari, noi il nostro Dio». Invita i turchi a «cambiare euro e dollari nella nostra moneta». Ma la Bce, che come di consueto non ha commentato la situazione, sarebbe in allarme e tra gli istituti più esposti avrebbe compreso anche Unicredit.

Dall'inizio del 2018 la lira turca è stata classificata tra le valute peggiori di quest'anno. Fino a oggi Ankara si è sempre schernita giustificandosi col fatto che è stata tenuta bassa per favorire le esportazioni. E invece l'intervento militare in Siria, le elezioni anticipate e il dossier idrocarburi nel Mediterraneo orientale hanno influito in negativo. Tra l'altro la banca centrale turca è intervenuta sempre con il piglio politico di Erdogan, mai con quello economico-finanziario.

Lo dimostrano vari segnali che si sono susseguiti nell'ultimo semestre, come il congelamento di 100 milioni di dollari in sette banche di Cipro Nord, frutto proprio dei timori circa la svalutazione della lira turca o come l'oggettiva sovraesposizione delle banche turche, che hanno preso in prestito molti dollari e in parallelo hanno concesso un altissimo numero di prestiti in lire turche, oggi con un valore più basso.

Tra l'altro lo scorso 15 maggio la lira aveva toccato un altro minimo storico, dopo che Erdogan da Londra aveva dichiarato a Bloomberg Tv di voler stringere la presa sull'economia e assumere un ruolo più importante nell'impostazione monetaria politica. E venti giorni prima la Banca Centrale aveva reagito alla pressione dei mercati con un aumento di 75 punti base. Ecco perché la lenta combustione non è una sorpresa, né colpa di terzi.

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