«Roba da Corte dei Conti, chi ha autorizzato questo pagamento dovrebbe essere chiamato a restituirlo di tasca sua»: così si brontola (per usare un eufemismo: la realtà è che sono furibondi) negli ambienti dell'intelligence nostrana, quando ieri si scopre che in Egitto un terrorista islamico ha appena ricevuto un finanziamento alla luce del sole da parte del governo italiano. Il terrorista si chiama Abu Omar, ed è assai noto alle cronache: nel 2003 venne rapito a Milano da una squadra della Cia e consegnato al governo egiziano. Per quel sequestro, ventitre 007 americani sono stati incriminati, processati e condannati. Gli agenti segreti italiani che secondo la Procura di Milano li avevano aiutati sono usciti di scena (qualcuno di loro nel frattempo si è anche fatto la galera, muto come un pesce) in conseguenza del segreto di Stato imposto in coerente sequenza dai governi Prodi, Berlusconi, Monti, Letta e Renzi.
Ma mentre venivano processati i suoi rapitori, anche le indagini della Procura milanese a carico di Abu Omar andavano avanti: fino alla condanna definitiva a sei anni di carcere per terrorismo internazionale. Abu Omar non è un innocente vittima delle angherie della Cia. Abu Omar è un predicatore della jihad, che dalla moschea milanese di via Quaranta organizzava attentati e arruolava combattenti.
Oggi Abu Omar vive in Egitto, prima al Cairo dove aveva aperto una macelleria, oggi (secondo quanto riferisce ieri l'Adnkronos) ad Alessandria. Non ha cambiato le sue idee, come dimostrano le interviste che di tanto in tanto rilascia. Il governo del Cairo se ne liberebbe volentieri, consegnandolo all'Italia per fargli scontare la sua condanna: peccato che nessuno abbia finora chiesto la sua estradizione.
E adesso ad Abu Omar, nel suo confortevole latitanza in patria, arriva anche il bonifico a cinque cifre della Repubblica Italiana. Merito della Corte europea dei diritti dell'uomo, cui l'imam terrorista si era rivolto lamentando la violazione della sua libertà: e la Corte, ritenendo chissà come provata la responsabilità anche dei servizi segreti italiani nella rendition organizzata dalla Cia, nel marzo scorso aveva condannato Palazzo Chigi a risarcirlo con 75mila euro.
Sembrava una condanna destinata a rimanere simbolica: come poteva il terrorista latitante Abu Omar incassare materialmente il risarcimento? «Se vuole i soldi - diceva in quei giorni uno 007 - venga in Italia e si costituisca». Invece, contro ogni previsione, il governo ha deciso di pagare. Ad attivarsi per eseguire la sentenza di Strasburgo sarebbe stato direttamente Marco Minniti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti. Minniti conosce perfettamente il mondo degli 007, probabilmente ha anche idee piuttosto precise su come sia andato davvero il sequestro di Abu Omar, e di sicuro poteva immaginare lo sconcerto che la sua decisione avrebbe creato. Eppure ha attivato le procedure, si è procurato l'iban del terrorista e ha disposto il bonifico: 75mila al predicatore, 15mila alla ex moglie e 5mila di spese legali. «Ho ricevuto sul mio conto bancario l'indennizzo, e così mia moglie. Sono molto felice per quel che ha fatto il governo italiano e spero che anche il governo americano faccia lo stesso», spiega Abu Omar all'Adnkronos.
L'obiettivo è ora il gruzzolo ben più consistente che dovrebbe pagargli Washington in seguito alla condanna dei ventitre della Cia. Ma quelli sono soldi che difficilmente vedrà: anche perché fa sapere che li spenderebbe per aiutare Omar Abdelrahman, lo sceicco cieco all'ergastolo negli Usa per terrorismo.
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