L'Italia è già una "colonia" francese da 24 miliardi

Energia, moda, tlc e banche, ecco le grandi acquisizioni d'Oltralpe. E a noi danno le briciole

L'Italia è già una "colonia" francese da 24 miliardi

La tentata scalata di Vivendi a Mediaset è solo l'ultimo affondo dei francesi alle grandi imprese italiane. Nonché l'ennesima dimostrazione che tra Italia e Francia non c'è partita. Con banche, moda, alimentare, hi-tech ed energia, i cugini d'Oltralpe hanno speso negli ultimi cinque anni la bellezza di 24 miliardi di euro per mettere le mani sui gioielli grandi e piccoli, quotati e non, del made in Italy. Più del doppio di quanto ha fatto l'Italia che, nello shopping sugli Champs-Elysées, ha speso appena 11 miliardi di euro. Se guardiamo alle ultime operazioni, infatti, le acquisizioni italiane di imprese francesi di taglia medio-grande si contano sulla punta delle dita: da ultime, l'affondo su Carte Noir della Lavazza, oppure su Grand Marnier di Campari. Un paio di goal della bandiera quelli messi a segno dall'Italia. Una questione di maggiore liquidità? Non esattamente. Dove Parigi non è riuscita a mettere le mani, ha piazzato - come una sorte di cavallo di Troia manager di peso nei vari consigli di amministrazione. Una strategia, dunque, a doppio binario quella che muove i francesi al di qua delle Alpi. A favorire la discesa in Italia sono state per lo più le basse quotazioni di Borsa. Ma non solo. La Francia ha sì approfittato dei saldi dell'industria italiana, depressa dalla crisi economica, ma ha avuto spesso anche campo libero a livello politico.

In ambito finanziario, Vivendi - colosso delle tlc guidato da Vincent Bollorè è arrivata a detenere quasi il 25% del capitale di Telecom Italia. Ma prima di questa la strada tra Parigi e Roma è lastricata di grandi operazioni. Crédit Agricole e Bnp Paribas hanno messo le mani rispettivamente su CariParma e Bnl e Nuova Tirrena è passata da Generali a Groupama. Oggetto di particolare interesse è stato poi il settore agroalimentare: Lactalis ha lanciato nel 2011 un'Opa su Parmalat facendo suoi anche i marchi del gruppo, tra cui Galbani. Un altro pezzo di made in Italy nell'agroalimentare a passare di recente sotto insegne francesi è Eridania Italia, società leader nel settore zucchero italiano. Anche la grande distribuzione non ne è rimasta immune, presa d'assalto dai vari Carrefour, Castorama, Auchan e Leroy-Merlin.

Nella moda, le acquisizioni sono state quasi ininterrotte negli ultimi dieci anni: per citare solo le principali, Lvmh detiene Bulgari, Fendi e Loro Piana, mentre Kering ha rilevato Bottega Veneta, Pomellato, Sergio Rossi, Brioni e Gucci. Nel mondo energetico, il gruppo di Stato Edf ha messo le mani sul 100% di Edison e Suez è divenuto primo azionista privato dell'utility romana Acea. Per citare anche piccoli gruppi del made in Italy, la storica azienda trevigiana di bici da corsa Pinarello è passata al fondo di private equity L Catterton, partecipato dalla holding francese del lusso Lvmh. Ma la vera novità della presenza francese in Italia è rappresentata dal fatto che, là dove comprare un'azienda non è possibile, si fanno strada nei consigli di amministrazione i manager francesi: il nuovo ad delle Generali, Philippe Donnet e quello di Unicredit, Jean-Pierre Mustier, ne sono esempi.

A conti fatti, comunque, alcune ragioni di questa contaminazione italo-francese possono trovarsi nelle relazioni commerciali tra i due Paesi: la Francia è il principale mercato dell'export italiano. Mentre l'Italia è il terzo Paese per investimenti stranieri in Francia, dopo Stati Uniti e Germania.

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