L'Italia pensa di difendersi pattugliando le autostrade

Il capo della polizia Pansa lancia l'allarme per imminenti attacchi sul nostro territorio. Ma l'Ue tentenna: varato solo un «decalogo»

L'Italia pensa di difendersi pattugliando le autostrade

Roma Dopo le stragi di Bruxelles, l'Italia si trova in una fase di «pre-allarme per probabili o imminenti atti terroristici». Lo scrive, nero su bianco, il capo della Polizia Alessandro Pansa in una circolare inviata a prefetti e questori all'indomani degli attentati. Anche se non c'è una minaccia precisa e individuata di attacchi, vanno predisposte, dice Pansa, «tutte le misure» possibili per prevenirli, rafforzando i controlli anche in prossimità di «caselli, barriere e snodi stradali maggiormente congestionati», oltre che «nei luoghi di culto, porti, aeroporti, terminal bus, stazioni ferroviarie e metropolitane». Ma occorre anche prepararsi a fronteggiare eventuali emergenze, dispiegando la macchina dei soccorsi. «Continuano a colpirci come se fossimo una cosa sola, e noi rispondiamo come se fossimo cose diverse». La conclusione sconsolata è stata tirata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando giovedì notte, al termine dell'ennesimo vertice dell'Unione europea sulle misure anti-terrorismo. E dà il senso delle difficoltà e impotenze tra cui l'Europa si dibatte di fronte alla sfida jihadista.Dimítris Avramópoulos, commissario europeo per l'Immigrazione e gli affari interni, sottolinea gli errori già fatti e costati carissimi: «Gli attentatori di Bruxelles e Parigi sono cresciuti qui - ricorda - ed erano ben noti ai servizi di intelligence. Se ci fosse stato uno scambio maggiore di informazioni, avremmo fatto emergere le loro azioni». Nel decalogo approvato giovedì sera a Bruxelles dai ministri Ue di Interni e Giustizia ci sono un paio di novità: l'impegno formale ad approvare finalmente entro aprile la direttiva Pnr (Passenger name registration), tante volte annunciata e sempre congelata. Mentre entro il Consiglio europeo di giugno dovrebbero essere varate nuove norme più stringenti sui controlli dei sistemi informatici, coinvolgendo i grandi provider di Internet nella lotta al terrorismo per convincerli a rendere velocemente disponibili le informazioni sensibili sui sospetti e a segnalare chat o siti pericolosi. Sono previsti più controlli alle frontiere esterne dello spazio Schengen, e un monitoraggio più capillare dell'acquisto e detenzione di armi da fuoco. C'è poi l' «auspicio» dell'estensione del sistema di informazione sui casellari giudiziari europei (Ecris) anche ai cittadini di Paesi terzi, più controlli sul finanziamento del terrorismo oltre ad una lotta più incisiva verso chi realizza documenti falsi, maggiori controlli nella vendita di materiali potenzialmente esplosivo. E si lavora alla costituzione di una squadra di collegamento congiunto di esperti nazionali nella lotta al terrorismo, che si baserà sulla capacità delle forze dell'ordine di Europol di monitorare la minaccia dei foreign fighters, i flussi di finanziamento del terrorismo, le armi da fuoco illegali, e la propaganda on-line. «Non possiamo più permetterci il lusso della diffidenza reciproca, deve aumentare la cooperazione e dobbiamo dotarci di strumenti più avanzati, ad esempio la procura europea può essere la soluzione più adeguata», chiosa il Guardasigilli Andrea Orlando.

«Non è più vero che l'ognuno per sé possa funzionare meglio», sottolinea il ministro, e lo dimostra proprio la tragedia di martedì scorso a Bruxelles: «Dobbiamo capire se difendiamo le particolarità di ogni Stato, oppure se costruiamo degli strumenti per arrivare laddove dove gli Stati nazionali non arrivano. Non è europeismo propagandistico: qui si tratta di prendere atto concretamente che gli Stati membri, da soli, non ce la possono fare».

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