L'Italia di Renzi è sempre ferma. Salta ancora il taglio delle tasse

Presentato il Def: crescita allo 0,7%, senza la Bce e il calo del petrolio sarebbe recessione. E nel 2016 si rischia nuovamente l'aumento dell'Iva al 24%. L'opposizione: solite balle

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi

Un eccesso di prudenza, come lo presenta il governo. Oppure la prova che senza la spinta esterna di Bce e prezzo del petrolio saremmo ancora in recessione. Il consiglio dei ministri ha esaminato la prima parte del Def, con le previsioni su economia e conti pubblici, rinviando a venerdì l'approvazione di tutto il pacchetto, compreso il Piano nazionale per le riforme che resta in alto mare.

Tra le novità, la copertura delle clausole di salvaguardia per il prossimo anno che resta del tutto teorica. Per ora non c'è nulla di concreto che blocchi con sicurezza l'aumento delle aliquote Iva al 12% e al 24% nel 2016, se non la promessa che il governo lo farà, magari con l'aiuto di una crescita superiore alle aspettative.

Confermate le indiscrezioni sulle stime del Pil: più 0,7% quest'anno, 1,4% nel 2016 e 1,5% nel 2017. Nella precedente stima, il Pil del 2014 era dato allo 0,6%, ma la nuova previsione del governo è ancora troppo bassa, se si pensa che il quantitative easing della Bce dovrebbe, secondo le stime, spingere l'economia nazionale dello 0,5% nel 2015. E che il calo dei prezzi del petrolio, dovrebbe valere un altro 0,6% di Pil. Senza questi fattori esogeni, il Pil sarebbe a -0,4%. Un calo identico a quello del 2013.

Ma la crescita è stata volutamente sottostimata, hanno assicurato il premier e il ministro Pier Carlo Padoan. Il governo ha voluto essere «prudente», ha precisato Renzi. L'importante per il presidente del Consiglio è che nel Documento di economia e finanza «non ci sono tagli e non c'è aumento tasse». «Balle», ha replicato il presidente del deputati di Forza Italia Renato Brunetta, visto che la pressione fiscale è aumentata. Renzi ricorda che nel 2015 ci sono già stati 18 miliardi di riduzione tra 80 euro e incentivi al lavoro. E altri eventuali tagli arriveranno «nella Legge di stabilità del 2016, se ci saranno le condizioni». Niente di concreto.

La prudenza sul Pil sarebbe tattica. Un modo per ritrovarsi a ridosso della ex finanziaria con un po' di risorse («non un tesoretto, che porta male», ha precisato Renzi). Se non sarà così, se l'economia nazionale dovesse andare ancora male, rischieremo di nuovo l'aumento dell'iva. Perché le coperture illustrate ieri da Padoan non sono certe. «Le clausole di salvaguardia saranno disinnescate in parte con la spending review , in parte, ci auguriamo in modo crescente, automaticamente con i benefici della crescita», ha ammesso. Il fatto che l'esecutivo si affidi alla crescita, è la conferma che i tagli sono più complicati del previsto. Renzi assicura che la spending review varrà «lo 0,6% del Pil, più o meno 10 miliardi», forse 20. Ma per i comuni ulteriori tagli sono impossibili. I rappresentanti degli enti locali hanno chiesto e ottenuto un incontro con l'esecutivo prima di venerdì per trattare. Renzi ha attaccato direttamente il presidente dell'Anci e sindaco di Torino Piero Fassino, osservando come la città metropolitana piemontese si sia ritrovata «a dover scontare la violazione del Patto di Stabilità lo scorso anno». Il primo cittadino ha replicato attribuendo lo sforamento alla «amministrazione provinciale precedente». Per il governo sono stati rispettati i patti europei, anche se il pareggio di bilancio nominale è rinviato al 2018 e nel 2016, stando alle tabelle diffuse ieri, dovrebbe anche scomparire l'avanzo primario.

O norevole Pasquetta anche sui social network. La forzista Monica Faenzi (nella foto a sinistra ) ha postato su Facebook una sua immagine - «stivata», come lei stessa sottolinea - alle prese con i lavori di giardinaggio.

L'azzurro Maurizio Bianconi (nella foto a destra ) ha invece pubblicato una sua foto assopito sul divano e un eloquente post: «Pasquetta marina posprandiale». Ma, mentre gli italiani ieri sono tornati al lavoro, gli onorevoli hanno goduto di un giorno in più per riprendersi. I lavori di Camera e Senato, tolta una riunione della 7a Commissione, ieri era praticamente fermi.

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