Il reggente Pd Maurizio Martina apre ai pentastellati, il M5s prova ad andargli dietro allontanandosi dalla Lega di Salvini e rispolverando l'antiberlusconismo come collante della coalizione. Ma sullo sfondo già si intravede l'ostacolo contro il quale si potrebbe schiantare il mandato esplorativo di Roberto Fico: il no dell'ex segretario democratico Matteo Renzi.
Il presidente della Camera ha scelto il suo ufficio di Montecitorio per il primo giro di incontri. Mandato limitato. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concesso solo due giorni e ha ristretto il perimetro delle forze politiche al Pd e al Movimento cinque stelle, al quale appartiene lo stesso Fico. Escluse le forze minori che potrebbero essere interessate a entrare in una maggioranza di questo genere, come +Europa di Emma Bonino, che infatti in mattinata ha protestato.
I primi a essere ricevuti da Fico sono stati i democratici. Prima, intorno all'ora di pranzo, il segretario reggente Maurizio Martina ha riunito i vertici Dem e la delegazione che ha preso parte all'esplorazione. Oltre Martina, i capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci e Matteo Orfini.
Chiara da subito la disponibilità di Martina ad aprire: «Abbiamo detto al presidente Fico che dopo 50 giorni di questa situazione, di impossibilità, incapacità di arrivare a una proposta di governo praticabile, noi siamo ovviamente disponibili a valutare il fatto nuovo, se verrà confermato, della fine di qualsiasi tentativo di un accordo tra M5s e Lega e centrodestra». Se verrà confermato, «per noi rappresenta una novità che tutto il nostro partito deve essere chiamato a valutare».
Quindi, il M5s chiuda con la Lega. Condizione praticabilissima, anche perché reversibile, e infatti subito accolta da Di Maio.
Il leader dei pentastellati è uscito dall'incontro con il presidente di Montecitorio, apprezzando le parole di Martina che vanno «nella direzione di un'apertura». Poi la chiusura al Carroccio: «Sono passati circa 50 giorni, abbiamo provato in tutti i modi e in tutte le forme a trovare un contratto di governo con Salvini e la Lega» che però «hanno deciso di condannarsi all'irrilevanza per rispetto del loro alleato invece di andare al governo nel rispetto degli italiani. È chiaro che un governo del centrodestra non è più un'ipotesi percorribile».
Per contro quella con il Pd sì. E tra i possibili terreni di incontro Di Maio ha nominato il reddito di cittadinanza, la lotta alla corruzione e il conflitto di interessi. Un segnale per la sinistra del Pd e anche il modo di sottolineare come il M5s voglia una maggioranza e quindi un governo politico. Il movimento, «non è disponibile a dare la fiducia a governi tecnici, del presidente, governi di garanzia, di scopo». Se Fico dovesse fallire, «per noi si dovrà tornare alle urne». Vero che «decide Mattarella». Ma per il M5s con 338 eletti, «non esiste opposizione».
La prima, e probabilmente unica, giornata dell'esplorazione Fico è stata quindi dominata dai leader dei due partiti coinvolti, entrambi convinti ad andare fino in fondo. Ma dentro il Pd non la pensano tutti così.
È tornato d'attualità su Twitter, l'hashtag «senza di me» lanciato da Matteo Renzi dopo la sconfitta elettorale e usato dai parlamentari renziani per ribadire a stretto giro dalle prime consultazioni con Roberto Fico il «no» a un'eventuale intesa con il M5s. Senza Renzi, Martina non potrebbe garantire il sostegno ad un governo con gli ex nemici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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