L'onda buona della borghesia stufa della politica a 5 stelle

Il ceto medio esiste e lancia un grido di aiuto: "Salvateci". "Monsù" e "madamin" dicono basta alla gogna sociale

L'onda buona della borghesia stufa della politica a 5 stelle

Roba da non crederci, nella Torino anestetizzata dalla giunta grillina di madamin Chiara Appendino. Esiste una piazza senza bandiere rosse, senza falci e martello, senza vessilli Pd, senza i simboli di Cgil, Fiom e Cisl. Sotto la Mole emergono forme di compassata ribellione civile, apartitica, in una città storicamente di sinistra che la mattina del 19 giugno 2016 si era svegliata colpevolmente grillina. Persino gli elettori dem si erano stancati delle rughe di Piero Fassino, dei suoi vestiti demodè, di un circolo chiuso di osservanza ex Pci che si spartiva poltrone e incarichi in base all'appartenenza al «chilometro quadrato» dei salotti del centro storico.

Ora l'ondata pacifica di piazza Castello alla manifestazione Sì Tav, chiude virtualmente il ciclo del «vaffa» salito al potere e riporta al centro della scena una società civile violentata da mesi dal rancore sociale, fabbricato ogni giorno dalla Casaleggio e dintorni.

«Mi sono messa al collo un foulard arancione e sono scesa in piazza per la prima volta. Torino deve ripartire, e io ho già dato tra cassa integrazione e ferie forzate», sorride una signora, un funzionario Fca plurilingue e di lungo corso. E poco lontano, sotto il palco, una donna di classe, bionda e curatissima, esibisce l'adesivo arancione Sì Tav che colora il giaccone scuro con collo di pelliccia.

Si aggira sorridente sotto il palco anche il titolare di una delle più antiche farmacie di Torino, poco distante dall'evento. Il tempo di allontanarsi di fretta appena finita la manifestazione e ricomparire cinque minuti dopo con il camice bianco a servire la clientela.

Forse era davvero dalla marcia dei 40mila del 1980 che Torino non registrava un analogo evento di massa con molti punti in comune: la spontaneità dei partecipanti, l'indole pacifica, la trasversalità, il desiderio di andare avanti e mettere nell'angolo gli oppressori illiberali.

Ogni tanto spunta qualche analista a celebrare il funerale del ceto medio e l'estinzione della borghesia medio-alta. Ma non è così. Oggi è disillusa da formule politiche destinate a svanire come il governo gialloverde. Ma esiste, si fa vedere e chiede di essere ascoltata.

I cicli della storia patria lo dimostrano. Quando scendono a dimostrare i violenti, ci aspettano anni plumbei. Ma quando si esasperano le categorie produttive e, soprattutto, le persone perbene, parte dal basso un'ondata che trasformerà gli equilibri politici. Una trentenne esibiva sul petto ad uso dei fotografi un cartello artigianale, con la scritta a pennarello #madamin. Una rivendicazione orgogliosa, un attacco diretto ai grillini che, pervasi dall'odio antiborghese, avevano disprezzato la manifestazione come un patetico ritrovo di «disperati, anziani disinformati e madamin». Un errore clamoroso di valutazione da parte dei consiglieri comunali M5s, anche se smentiti dalla sindaca Appendino, pure lei toccata dalla maleducazione dei suoi compagni di avventura nella sua veste di signora a modo della Torino bene.

Piazza Castello ribolliva non di rabbia, ma del continuo gridare Sì dinanzi ai sacerdoti del No a tutto. «Suma sì (siamo qui, ndr) per dire Sì alla Tav, alle Olimpiadi, al Terzo valico», si accalora una figura benemerita per l'editoria in crisi: un settantenne con tre quotidiani ancora ben piegati sotto il braccio.

Ecco l'unico miracolo che sono riusciti a compiere Di Maio, Appendino e compagnia: quello di riempire la piazza che consacrò Grillo in un epico comizio del 2014, alla vigilia delle Europee, con «monsù» e «madamin», signore e signori vilipesi da chi non ha mai prodotto o lavorato. Torino è un paesone di 880mila abitanti, ma nel centro del villaggio si conoscono tutti, soprattutto per stato sociale. Quelli che per pudore si mettono in fondo alla piazza con l'adesivo arancione sul cappotto beige di cachemire. La signora vestita da capo a piedi con capi di boutique e un cappottino arancione impeccabile. E riconosci il professionista che non sai neppure che cosa vota, il giornalista in pensione che ha sempre guadagnato bene, l'imprenditrice che dà un bacio sulla guancia alle amiche e poi corre in ufficio. Molti hanno i capelli grigi e non hanno più voglia di farsi pestare da guaglioncelli spocchiosi come Di Maio e Fico. È il popolo, diciamolo, che percepisce una pensione superiore ai 4mila euro, il limite che i grillini hanno indicato come la soglia sopra la quale scatta il linciaggio mediatico. Uomini e donne che hanno lavorato oltre quarant'anni nelle aziende, negli ospedali, in banca, nei giornali, nei negozi. E adesso si fiondano in piazza a farsi vedere, ad alzare la mano, a dire «ehi ci siamo, venite a salvarci». I più informati sono ancora cauti a cantare vittoria.

«Aspettiamo nuovi leader, stiamo a vedere» si rabbuia un «borghese» ben vestito dal pizzo bianco. Ma da oggi è ripartita l'Italia del Sì, quella che chiede opere, lavoro, sviluppo e che dice basta alle persecuzioni sociali al contrario.

Piazza Castello, 10 novembre 2018. Tutto cominciò con 40mila monsù e madamin-e.

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