Magdi Cristiano Allam finisce sotto processo. E ad accusarlo non sono gli islamici, che pure gliel'hanno giurata dopo la conversione al cattolicesimo. No, a trascinarlo alla sbarra sono gli italianissimi colleghi dell'Ordine nazionale dei giornalisti, che hanno deciso di sottoporlo a procedimento disciplinare per una serie di articoli pubblicati sul Giornale tra il 22 aprile e il 5 dicembre del 2011. L'accusa? Singolare e unica nel suo genere: «islamofobia».
Cosa aveva scritto Allam, che peraltro nel 2011 era anche eurodeputato, di così grave? Cose tipo «l'Islam ci assedia: abbiamo il dovere di difendere la nostra cultura. Subiamo ogni giorno gli abusi dei predicatori d'odio che si annidano in quasi tutte le 900 moschee italiane» (26 aprile 2011); oppure «Milano si inchina alle moschee ma vieta le chiese» (27 giugno 2011). E ancora, 3 maggio 2011: «Ha ragione il cardinale bolognese Giacomo Biffi quando mi dice che il nostro vero nemico non sono gli islamici bombaroli, ma i cosiddetti islamici moderati che ci impongono moschee e scuole coraniche». Insomma, quello che da politico e da giornalista ha sempre detto. Eppure il Consiglio di disciplina nazionale dell'Ordine, ribaltando una decisione diametralmente opposta dei colleghi del Lazio che avevano archiviato il ricorso contro Allam presentato dall'associazione Media&diritto hanno deciso che no, quel ricorso va accolto perché «non manifestamente infondato in quanto» negli articoli incriminati «non compaiono valutazioni critiche per fatti di cronaca circostanziati ma affermazioni di carattere generale sulla religione islamica e coloro che la osservano, con una generalizzazione che colpisce anche quanti, moderati, tra i circa due milioni presenti in Italia, rispettano le leggi del Paese che li ospita».
La delibera è dell'1 agosto. «L'incolpato» Allam ha 30 giorni di tempo - dunque deve provvedere entro la prossima settimana - per presentare documenti e memorie difensive. Quindi ci sarà il processo. Allam potrà deporre, difeso da un avvocato patrocinante in Cassazione.
Il caso, così come lo ricostruisce l'atto d'accusa, si apre a giugno del 2012, quando l'associazione Media&diritto (che si occupa dei rapporti tra difesa dell'immagine e comunicazione, ndr), patrocinata legalmente dall'avvocato Luca Bauccio, difensore tra l'altro dell'Ucoii, l'Unione delle comunità islamiche d'Italia, presenta un esposto all'Ordine del Lazio contestando una serie di articoli di Magdi Cristiano Allam. I giornalisti del Lazio chiudono il caso l'11 dicembre del 2013: archiviazione. Ma l'avvocato Bauccio, il 19 febbraio 2014, presenta ricorso. E si arriva così allo scorso 16 luglio, quando il Consiglio di disciplina nazionale si riunisce per esaminare il caso. Nell'atto d'accusa si citano le frasi incriminate di Allam, (nove in tutto) da quella del 22 aprile 2011 («Difendiamo le figlie dei musulmani o saremo complici») a «L'Occidente impari dall'Egitto: con l'Islam non c'è democrazia» (5 dicembre 2011). Quindi la decisione. Magdi Cristiano Allam va sottoposto a procedimento disciplinare. Gli viene contestato di: «aver pubblicato nel periodo compreso tra il 22 aprile e il 5 dicembre 2011 sul quotidiano Il Giornale articoli caratterizzati da islamofobia, in contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione italiana all'articolo 19 1° comma e dalla Carta dei doveri del giornalista»; «di avere violato l'obbligo di esercitare la professione con dignità e decoro»; «di non aver rispettato la propria reputazione e di aver compromesso la dignità dell'Ordine professionale; e «di non avere, in tal modo, rafforzato il rapporto di fiducia tra la stampa e i lettori».
Come andrà il processo si vedrà. Intanto l'avvocato Bauccio, ultrà filopalestinese come si evince dalla sua bacheca Facebook , esulta, l'1 agosto, sul social network, commentando il provvedimento: «È la prima volta che accade in Italia. L'Islamofobia è una vergogna.
Si tratta di una accusa e il rispetto nostro è massimo ma oggi non posso che salutare questa decisione con la massima felicità perché è stato affermato un principio degno di un paese civile. E a farlo, non dimentichiamolo, sono stati proprio i giornalisti italiani. Onore a chi fa il proprio dovere, a chi ha il senso della giustizia e del rispetto umano: questo Paese è migliore di come ce lo raccontano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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