La lotta di classe ha un nuovo nemico: i giganti del web

È guerra contro Amazon. Ma anche Google e Facebook sono nel mirino. Motivo: fanno soldi. E lasciano decidere il popolo

La lotta di classe ha un nuovo nemico: i giganti del web

D a giorni è in atto un duro scontro tra due colossi dell'imprenditoria: Amazon (la più grande libreria on-line) e Hachette, un gruppo che possiede numerosi marchi editoriali e ha sotto contratto gli autori di maggiore successo. Lo scontro è interessante perché è stato venduto come una lotta tra il Bene, l'editore, e il Male, interpretato dalla società egemone nel commercio librario in rete.

In sostanza Amazon vuole che gli e-book abbiano prezzi inferiori e ambisce a tenere per sé una quota più alta di profitto. Hachette e gli autori schierati dalla sua parte (tra cui nomi come Stephen King e Scott Turow) vogliono che il libro digitale non sia «svenduto» e temono che tale politica apra il mercato, permettendo a ogni indipendente di accedere al pubblico saltando gli editori. Non a caso al «manifesto» dei 900 autori di Hachette ne ha fatto seguito un altro, Basta combattere i prezzi bassi, con 7600 firme e tra le altre quella di Hugh Howley, l'autore di Wool: uno scrittore partito dall'editoria indipendente per poi approdare alle grandi case.

Di questo secondo appello, però, si parla poco e ciò in ragione del fatto che Amazon funziona bene nel ruolo del cattivo. Ma la messa in croce di Amazon è solo l'ultima riformulazione del più vecchio anticapitalismo. E infatti Google è analogamente sotto accusa perché usa le nostre conversazioni per orientare la pubblicità, così come succede a Facebook, che ora deve fronteggiare un nuovo eroe di questo Quarto Stato telematico: un australiano che ha avviato una causa già molto mediatizzata. Poco importa che si tratta di servizi gratuiti e che basti abbandonare Google o Facebook per evitare tutto ciò.

L'avversione alla nuova imprenditoria ripropone la storica insofferenza nei riguardi del dinamismo del mercato (il «sistema anarchico di produzione», come lo definì Karl Marx) e una palese invidia verso quanti hanno avuto successo. A molti spiace che Jeff Bezos, il creatore di Amazon, abbia fatto tanti soldi. In più, nella vertenza che contrappone Amazon e Hachette a fianco di quest'ultima vi sono molti intellettuali, e qui è chiaro il fastidio di questo ceto per la gerarchia emergente dalle scelte dei consumatori: la quale fa sì che i filologi classici siano assai meno benestanti dei produttori di calze o dei titolari di agenzie di pulizia.

L'ideologia avversa al capitalismo poggia anche su errori concettuali. Quanti parlano di monopolio a proposito di Amazon confondono due cose: il monopolio legale (imposto dallo Stato) e quello «di fatto», emerso dal mercato. Il primo - come nel caso delle poste, ad esempio - è del tutto illegittimo: inaccettabile in una società libera. Ognuno ha il diritto di recapitare la posta, se vuole farlo.

Altra cosa, però, è il monopolio «di fatto» - non legalmente protetto - che risulta dalle scelte di tutti noi. Se in una città tutti dovessero rivolgersi a una pasticceria fino al punto che le altre chiudono, in questo esito non vi sarebbe nulla di ingiusto. Per di più, ogni innovatore è un monopolista, dato che crea qualcosa che prima non c'era. L'importante è che altri possano competere con lui, sottrargli i clienti, provare a fare meglio.

Nella vertenza contro Amazon emerge pure che gli autori non sono angeli: preferiscono la ricchezza alla povertà. Sarebbero contenti di incassare di più dagli e-book e poco si curano se ciò significa un pesante esborso da parte dei consumatori. La loro attenzione ai profitti è comprensibile: molto meno che pretendano di dare una veste morale alla difesa negoziale dei loro privatissimi interessi.

Perché certo è paradossale che l'universo progressista sia schierato con Hachette, che difende gli autori contro i consumatori, e ponga sotto processo Amazon, che vuole adottare una strategia a basso prezzo: non perché abbia a cuore i propri clienti, ma perché è nel suo interesse. Quanti vengono dalla lotta di classe oggi appaiono militarizzati in una campagna contro il consumatore ordinario e contro la circolazione della cultura.

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