«Merde, alors!». Era veramente seccato, il ministro degli Interni lussemburghese Jean Asselborn, che il collega italiano Matteo Salvini pretendesse di continuare il suo intervento, da lui molto disapprovato, senza essere interrotto. E così la riunione ministeriale europea a Vienna si è trasformata in un vertice di trivialità da osteria, con Salvini che - va detto a suo merito - ha mantenuto l'autocontrollo rimandando alla successiva conferenza stampa il suo ironico giudizio sul comportamento del collega del Granducato: «Per chi non lo sapeva che siamo qui, grazie al volgare ministro lussemburghese, ora lo sa». Poi, in privato con il suo staff, si è sfogato: «Asselborn è impazzito».
La grossolana esclamazione, che con molta indulgenza qualcuno tenta di tradurre con un asettico «che diamine!» ma che inequivocabilmente scomoda la poco nobile memoria di Cambronne, è uscita dalla bocca del rappresentante del Lussemburgo dopo un tentativo più volte fallito di interrompere Salvini. Il quale, davanti ai colleghi ministri dell'Ue, andava spiegando la sua visione su denatalità e immigrazione: il governo italiano, a differenza di quello lussemburghese, «non sente il bisogno di importare nuovi schiavi» per compensare i vuoti aperti dal calo delle nascite. Asselborn non si è tenuto, e ha dato sulla voce a Salvini ricordandogli i tanti italiani immigrati nel suo piccolo Paese in cerca di lavoro. Poi visto che quello continuava a parlare pregandolo di non interromperlo, ha perso il controllo.
Peccato per questo scadimento verbale, perché a Vienna sono state dette anche cose importanti. Anzitutto Salvini ha confermato quanto ribadito oggi da Berlino in assenza del ministro tedesco Seehofer che non è venuto a Vienna, e cioè che l'accordo con la Germania per il rinvio in Italia degli «immigrati secondari» arrivati al confine tedesco provenendo dal nostro Paese è sulla sua scrivania, ma che si sta ancora lavorando con Berlino «per affinarlo». La sua firma, ha ribadito, vi verrà apposta solo quando sarà chiarito che sia «a saldo zero», che varrà solo per il futuro e che sarà in vigore solo fino a novembre «per verificare la disponibilità reciproca». Saldo zero, in particolare, significa che a ogni immigrato che l'Italia si riprenderebbe dalla Germania dovrebbe corrisponderne uno tra quelli sbarcati sulle nostre coste e che Berlino si è impegnata ad accogliere in base al principio di redistribuzione tra partner Ue.
Ma cosa chiede l'Italia ad Angela Merkel in cambio della sua disponibilità a riprendersi senza aggravio numerico dalla Germania qualche centinaio di irregolari? Salvini ha spiegato di aspettarsi da Berlino «sostegno sulle nostre proposte di cambiamento sulle regole per l'immigrazione, che stanno danneggiando pesantemente l'Italia»: il riferimento è al regolamento di Dublino e all'Operazione Sophia.
Salvini - che si è detto «convinto che fra qualche mese ci troveremo a governare l'Europa in compagnia di Orban» - ha anche giudicato positivamente l'annuncio del futuro rafforzamento della guardia di frontiera europea e reso noto di aver concordato con il commissario Ue all'immigrazione Avramopoulos «un certo numero di missioni congiunte, mia e sua, nei Paesi di partenza dei migranti: deve essere chiaro che non possiamo permettere che arrivino 57mila persone dalla Nigeria in due anni e mezzo».
Infine una conferma: il ministero lavora a «misure rapide ed efficaci» per il rimpatrio di immigrati illegali dalla Tunisia (vedi i 184 appena arrivati a Lampedusa), Paese con cui Salvini intende «cercare una soluzione anche senza l'Ue».
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