C'è aria pesante. E i cattivi maestri tornano in cattedra o si prendono pulpiti immeritati. Così a Milano, in una sala pubblica di un quartiere difficile come Bruzzano, nell'ambito di un ciclo di incontri letterari viene chiamata a presentare il suo libro la ex brigatista Barbara Balzerani, che ha saldato - è vero - il suo debito con la giustizia, ma continua a pontificare in modo insopportabile, e doloroso per le vittime del terrorismo. E a qualcuno non sta bene. «Un'ex brigatista rossa membro del commando che ha rapito Moro che presenta il suo libro in uno spazio comunale, senza contraddittorio - dice Deborah Giovanati, assessore alla Scuola del Municipio 9 - Questo è un ulteriore schiaffo nei confronti delle vittime dei terroristi rossi. Che cosa dirà ancora? Recentemente ha affermato che fare la vittima è un mestiere. Sono veramente indignata. Il sindaco deve rispondere del grave fatto accaduto nel mio territorio». Fra gli ultimi militanti br a essere arrestati, la «primula rossa» fu condannata a diversi ergastoli, anche per aver fatto parte del commando che prese in ostaggio Aldo Moro in via Fani, dove fu massacrata la scorta del leader dc. Ottenuta la libertà condizionata, non ha mai compiuto un percorso di dissociazione o «pentimento», anche se non rientra nel novero degli irriducibili. Nel 2018, quando ricorrevano i 40 anni dalla strage di via Fani, prima ha ironizzato cinicamente («Chi mi ospita oltre confine per i fasti del quarantennale?») poi con autentico disprezzo ha parlato delle «vittime», lamentando il loro «monopolio». «C'è una figura, la vittima - ha detto - che è diventata un mestiere». «Io non dico che non abbiano diritto a dire la loro, figuriamoci. Ma non ce l'hai solo te il diritto, non è che la storia la puoi fare solo te».
Ma il problema qui è che la storia la fanno loro, mentre le vittime, e i familiari, sono sostanzialmente ridotti al silenzio, o peggio a una sorta di dileggio. «Le dichiarazioni della terrorista Barbara Balzerani mi hanno fatto male - disse allora Lorenzo Conti, figlio dell'ex sindaco di Firenze Lando, ucciso dalle Br nel 1986 - Loro hanno scelto di uccidere, mio padre no di essere ucciso. Io non faccio la vittima di mestiere, lavoro in banca. Questa è diffamazione tesa a screditate noi vittime».
Ora, è chiaro che in uno stato di diritto, che tende alla «rieducazione», nessuno può essere condannato al silenzio perpetuo, e ha pure diritto all'«oblio» sui delitti commessi, ma qui l'unico oblio è quello cui sono condannate le vittime, coi loro cari, mentre i carnefici su quei fatti ci marciano, e ci ricamano sopra, circondati da una strana soggezione, mentre un alone di rispetto preserva i loro presunti «ideali». E così non si comprende la realtà che dovrebbe emergere sul terrorismo, quella di un esercito di invasati al servizio di un'idea criminale. Invece gli (ex) estremisti rossi che sono coccolati, interpellati, a volte gratificati. E un conto è se questo è inserito in un percorso di «riconciliazione», come accaduto per gli incontri fra Agnese Moro da un lato e Franco Bonisoli, o Adriana Faranda, dall'altro, un conto è se al contrario viene fornito un pulpito privilegiato ed esclusivo per la ricostruzione storica, come accaduto un mese fa per un convegno pugliese con Alberto Franceschini o a dicembre con la pergamena Anpi a Renato Curcio, nel Foggiano o 3 anni fa con la stessa Faranda che doveva partecipare a un corso di formazione sulla giustizia riparativa.
E sempre a Milano, un altro «ex» si segnala fra i promotori della rabbiosa contestazione contro la Brigata ebraica e contro chiunque manifesti simpatie per Israele: Francesco Emilio Giordano, che ha fatto parte della «Brigata XXVIII marzo» responsabile dell'omicidio di Walter Tobagi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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