Jean Jacques Rousseau, il filosofo teorizzatore dello «stato di natura», l'ammiratore del mito dell'«uomo selvaggio», non avrebbe mai immaginato per sé un futuro da algoritmo. È avvenuto grazie al Movimento Cinque Stelle, un «non partito» che basa la sua impalcatura ideologica sulle strambe visioni di Gianroberto Casaleggio, guru dell'«intelligenza artificiale». Che con le profezie su un futuro distopico governato da software e robot ha trovato prima il modo di farci dei soldi e poi si è messo in testa che con gli algoritmi si potevano amministrare comuni, regolare la democrazia interna di un grande partito e addirittura guidare l'Italia dalla tolda di Palazzo Chigi.
L'ultima frontiera della «democrazia elettronica» è stata spiegata da Luigi Di Maio in un'intervista al Fatto quotidiano pubblicata ieri. Il candidato premier del M5s, archiviati il basco e la zazzera del defunto fondatore, ha rilanciato. Alla domanda sull'idea del ministro Carlo Calenda che ha proposto una nuova assemblea costituente per le riforme, Di Maio ha risposto passando di palo in frasca: «Appena saremo al governo aboliremo 400 leggi, e faremo chiarezza sulle norme che si contraddicono, utilizzando anche software appositi». Non si capisce cosa c'entri questo con la Costituzione, fonte di diritto superiore, assolutamente non collegata alle altre leggi ordinarie. Ma ogni scusa è buona per non dimenticare le origini del Movimento e avviare il sistema operativo della democrazia digitale guidata da un'intelligenza artificiale. Davide Casaleggio, in veste di presidente della società di famiglia, di recente ha ritirato fuori il tema in una serie di interventi e convegni proprio centrati sul futuro delle imprese e della pubblica amministrazione completamente governati da fantomatici cervelloni computerizzati. E Virginia Raggi non poteva essere da meno. La sindaca di Roma il 4 aprile scorso, tramite un post sul Blog di Grillo, ha annunciato la «rivoluzione culturale». L'idea dell'amministrazione Raggi è quella di amministrare con un clic attraverso «nuovi strumenti di democrazia diretta, referendum propositivo, abrogativo e consultivo senza quorum, petizioni popolari elettroniche e consultazioni online». Per la sindaca «devono essere i cittadini a governare con nuovi strumenti di intelligenza collettiva». La parolina magica è sempre quella: intelligenza. Ma collettiva, artificiale. Sul modello del sistema operativo «Rousseau».
La piattaforma varata il 13 aprile 2016, il giorno dopo la morte di Casaleggio senior, avrebbe dovuto rivoluzionare la partecipazione politica: scelta dei candidati, scrittura di leggi, discussione e risoluzione dei (tanti) conflitti interni al Movimento. L'algoritmo intitolato al filosofo svizzero però ha cominciato presto a zoppicare. Ed è diventato famoso per la facilità con la quale viene «bucato» dagli hacker durante le votazioni più importanti. Ultima la consultazione online per scegliere il candidato premier dei grillini a settembre. Un disastro.
Dopo il caso dell'espulsione del sindaco di Parma Federico Pizzarotti, a maggio del 2016, era stato Beppe Grillo a invocare l'aiutino della tecnologia. La proposta delirante del comico era quella di un «algoritmo che deciderà le espulsioni». Attraverso il sistema del blockchain, che non «prevede intermediari». Però il lavoro da fare è ancora tanto.
Esempio? Il sindaco M5s di Livorno Filippo Nogarin ha
spiegato che la tragedia dell'alluvione del 9 settembre, con nove morti nella città toscana, poteva essere evitata grazie a una app. Ma il grillino, per sua stessa ammissione, quella volta il software non l'aveva scaricato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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