«L'Unità» aspetta oggi il nome del compratore

«L'Unità» aspetta oggi il nome del compratore

RomaErano ieri 38 giorni dalla chiusura de L ' Unità. «Troppi», scrive al premier Matteo Renzi il comitato di redazione del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, per rimanere «fuori dalle edicole senza un piano preciso per ripartire». E al segretario del Pd i giornalisti lanciano un appello: «Il tempo delle promesse è finito» ed è invece «arrivato il momento dei fatti».

Oggi il capo del governo chiuderà la Festa nazionale del suo partito a Bologna. Quella festa che, gli riconoscono nella lettera aperta, proprio Renzi ha voluto di nuovo chiamare dell' Unità , rilanciando «il valore della testata» con quello che ha definito «un marchio di sicuro successo». Sarebbe il momento giusto per annunciare che il giornale è salvo e per svelare chi e come gli consentirà di riaprire. E da giorni il Pd lancia segnali rassicuranti in questo senso, facendo capire che il premier oggi pomeriggio tirerà fuori come un asso il nome del nuovo proprietario della testata.

Questo si aspettano la redazione e l'azienda, scrive il Cdr a Renzi, con una dichiarazione di fiducia alla vigilia della giornata: «Sappiamo che il coraggio non ti manca e che saprai tener fede alle promesse».

Ieri dovevano arrivare ai liquidatori della Nuova Iniziativa Editoriale, proprietaria dell 'Unit à , le offerte dei potenziali compratori, che sarebbero quattro: Matteo Fago, primo socio con il 51 per cento della stessa casa editrice; il gruppo milanese di Pessina Costruzioni; la parlamentare di Fi Daniela Santanchè, con la Visibilia Editore (partecipata dalla giornalista tv Paola Ferrari) e Matteo Arpe, presidente e azionista di Banca Profilo, con la casa editrice online News 3.0 (Lettera43 e altri siti tra i quali Economiaweb) partecipata al 29,38 per cento attraverso la holding Sator.

In questi giorni di lotta per aggiudicarsi la testata circola anche il nome del direttore che Arpe vorrebbe per il quotidiano: l'economista Giulio Sapelli, docente, consulente di molte aziende e opinionista televisivo.

«Caro segretario», scrivono dunque i giornalisti in fibrillazione, la chiusura del giornale «è stata una ferita profonda e traumatica, sulle cui cause ancora non si è ragionato abbastanza: le offerte c'erano, è mancata un'intesa politica per renderle operative. Un fatto grave, per la spregiudicatezza con cui è stato condotto e per i pesanti effetti che ha avuto (una testata svalutata, 80 famiglie finite nel limbo della cassa integrazione). Un fatto che tuttavia contraddice le considerazioni di chi giudica l'Unità un giornale fuori mercato e fuori tempo, e “giustamente“ chiuso. Sappiamo che non è così (anche se troppo spesso questo filone di pensiero fa capolino sulle altre testate), sappiamo che diversi imprenditori sono pronti a investire».

Ora che Renzi ha preso in mano la faccenda e, si prevede, vuole presentarsi come il salvatore della storica testata, il Cdr precisa che cosa si aspetta da lui: «Un'offerta congrua e solida, che salvaguardi i posti di lavoro e che si basi su un piano editoriale all'altezza della storia e la tradizione del giornale. Quella storia fatta di politica alta, che la sinistra italiana spesso è riuscita a interpretare. Questi sono i due pilastri per il sindacato dei giornalisti: lavoro e identità della testata».

Continuità, insomma, niente stravolgimenti o rischi di aggiustamenti politici della linea. «Non è solo la redazione - precisa la nota - che te lo chiede, cioè quella “famiglia” di giornalisti che da oltre un mese è stata estromessa dal suo mondo professionale.

E neanche solo l'azienda, con quel drappello di poligrafici che oggi combatte assieme a noi per sostenere la testata. Al nostro fianco ci sono migliaia di volontari, che alle feste dell ' Unità ci hanno accolti come fratelli».

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