«Non ho sbagliato, il governo è con me». Il pressing di Matteo Renzi per le dimissioni. Il clima arroventato dentro la maggioranza. Ncd che fa quadrato attorno a lui. La decisione di parlare apertamente della vicenda Grandi Opere e offrire ogni chiarimento possibile sul suo coinvolgimento.
Maurizio Lupi non molla e decide di resistere a oltranza. È una giornata pesantissima, quella del ministro delle Infrastrutture, stretto nella tenaglia degli attacchi politici e delle intercettazioni pubblicate a mezzo stampa. «Ognuno sa quello che ha fatto e detto. Io non ho mai fatto pressioni per chiedere l'assunzione di mio figlio. Non ci potrà mai essere una intercettazione su questo» dice intervenendo in mattinata alla Fiera di Milano.
Il clima attorno a lui non è certo di quelli più rilassati. Soprattutto perché dentro il Pd - nei giorni in cui si affronta il ddl anticorruzione - il timore di restare mediaticamente inchiodati a questa vicenda è forte. Il pericolo di dissociazioni parlamentari rispetto a una eventuale linea garantista dettata dall'alto viene ritenuto più che realistico (e lo stesso Renzi non evita di far balenare il dubbio). Per questo l'idea di fondo è quella di accelerare i tempi del giudizio del Parlamento - probabilmente ci sarà l'informativa alla Camera già nella giornata di domani - in modo da arrivare alla definizione del destino politico di Lupi già entro la prossima settimana. «Renzi non mi ha chiesto nessun gesto spontaneo: io credo che debba dare, come è giusto che sia, tutte le risposte politiche».
Un antipasto di quello che potrebbe accadere il giorno dell'informativa Lupi lo sperimenta alla Camera, nel corso di un question time pomeridiano. La difesa del lavoro svolto al ministero è accorata: «Confermo con molta chiarezza e forza che l'obiettivo che in questi mesi ha spinto e ispirato l'azione del mio ministero e del sottoscritto è stato da una parte garantire la rapida ed efficiente realizzazione delle opere ritenute necessarie e indispensabili e dall'altra assicurare la massima trasparenza e correttezza di questo processo». Con una postilla e una correzione rispetto alle notizie uscite in queste ore concitate: «L'ingegner Incalza dal 31 dicembre 2014 non è più direttore dell'unità tecnica di missione e non ha un rapporto di consulenza né di collaborazione con il ministero». Il tutto accompagnato da una convinzione espressa in Transatlantico ai cronisti: «Il governo? Mi appoggia sicuramente».
Dopo la risposta del ministro al question time, i deputati grillini iniziano a urlare «dimissioni, dimissioni» e qualcuno di loro, tra cui Carlo Sibilia, mostra un orologio facendo riferimento implicito al Rolex regalato al figlio di Lupi. L'orologio, precisa poi ironica la deputata M5S Giulia Sarti, «non era un Rolex». I grillini, comunque, fanno sapere che a loro volta faranno di tutto per discutere al più presto la loro mozione di sfiducia. Finito di rispondere ai parlamentari, Lupi si chiude nella sala riservata all'esecutivo. Solo fino al termine dell'intervento del premier che riferiva in Aula sull'attentato di Tunisi e sul Consiglio Europeo di oggi e domani, viene poi raggiunto da Angelino Alfano con il quale si reca al Viminale. Una vicinanza fisica che assume, ovviamente, una valenza politica.
L'affaire Lupi, comunque, resta delicato. Renzi, anche ieri mattina, ha nuovamente espresso ai vertici di Ncd - ma non a Lupi direttamente - la convinzione che le dimissioni del ministro sarebbero opportune. Non arriverà nessuna richiesta ufficiale, ma il premier spera in un gesto spontaneo.
Ncd e ambienti vicini alla Compagnia delle Opere chiedono a Lupi di non cedere alla pressione. Nei corridoi di Montecitorio iniziano, però, già a circolare alcune voci come quella che vorrebbe per Lupi un incarico da segretario di Ncd, con Gaetano Quagliariello spostato al ministero degli Affari Regionali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.