Dicono che cambiare idea sia segno di intelligenza. In tal caso Nicola Cecchi dev'essere un genio. Da ieri è ufficialmente nel dream team di candidati presentato da Luigi Di Maio col modesto fine di costituire «il gruppo parlamentare migliore che l'Italia abbia mai avuto». Un anno fa, da tesserato Pd, si spendeva anima e corpo nella campagna per far vincere il Sì al referendum costituzionale del 4 dicembre firmato Matteo Renzi.
Sarà ardua spiegare come si incastrino con l'M5s le motivazioni che l'avvocato Cecchi affidava a Twitter il giorno prima del voto referendario: «IO voto SI. Perché sono stufo dei NO, dei NIET, dei non si può fare, dei si deve fare meglio e nessuno fa nulla, dei NO TU NO da zoo popolare». Roba da inorgoglire Renzi, come i tanti che commentavano entusiasti le sue frasi sul web. Ma Di Maio difficilmente le condividerà, inclusa la chiosa: «IO voto SI perché sono positivo, SI perché il meglio è nemico del bene, perché meglio un uovo oggi che una gallina domani, perché un brutto SI é molto più motivante di un bellissimo NO». Se non è un manifesto anti grillino poco ci manca. E contro chi è stato schierato il renziano più anti renziano di Firenze? Ma contro Matteo Renzi, nel collegio uninominale Firenze 1 per il Senato. Dicono che nel Pd fiorentino si stiano sganasciando, tra risate e incredulità. Anche perché Cecchi, nella logica grillina, ha un'altro «difetto genetico»: è figlio di un notabile ex Dc, l'avvocato Felice Cecchi, già presidente dell'azienda di trasporti cittadina negli anni 90.
E non è nemmeno l'unico caso esploso a poche ore dallo show all'americana con cui Di Maio ha chiamato uno alla volta, su un palco a Roma, i candidati «della parte migliore dell'Italia». Il primo a salire sul podio, presentato con entusiasmo dal capo politico del Movimento, è l'ammiraglio Rinaldo Veri, un militare di carriera in congedo dopo essere arrivato fino a un comando Nato. Un bell'acquisto per la campagna elettorale grillina, sulla carta. Se non fosse che poche ore dopo Veri si è ritirato con tante scuse quando si è scoperto che l'anno scorso si era candidato a sindaco di Ortona con una coalizione sostenuta dal Pd, arrivando terzo, ma entrando comunque in Consiglio comunale. Una posizione chiaramente incompatibile con lo Statuto dell'M5s: «Non sapevo di questa regola e per questo non l'ho comunicato a Di Maio». Resta il fatto che l'impegno politico dell'ammiraglio emerge come uno dei primi risultati su Google, una brutta toppa per gli 007 della Casaleggio. Ma forse anche il segno che Di Maio ha faticato più di quanto si immagini ad attrarre volti noti.
A norma di regolamento grillino, altrettanto in fuorigioco si troverebbe l'ex ispettore dell'antimafia Renato Scalia, che correrà a Empoli contro l'arci nemico del Movimento Luca Lotti, ma nel 2014 si era candidato nella lista del sindaco Dario Nardella a Firenze.
A Bari invece l'M5S ha candidato Paolo Lattanzio che nel 2014 su Facebook lodava il sindaco piddino Antonio Decaro: «Il mio sindaco, fiero di far parte del tuo gruppo». Pare che anche Michele Emiliano si sia complimentato con lui. Certificando così che ci sono più fan di Emiliano nelle liste M5s che in quelle renzianizzate del Pd. Chissà cosa ne penseranno le migliaia di attivisti storici scartati dalle «parlamentarie» e accusati da delatori di essere infiltrati e cassati dall'ormai famigerato «filtro di qualità».
Nel resto della squadra brillano due nomi: quello del due volte medaglia d'oro alle Olimpiadi Domenico Fioravanti, che è fuori dalle vasche da 13 anni e oggi fabbrica costumi da bagno, e Michele Vaglio, presidente dell'Ordine degli avvocati di Roma. Ci sono poi tanti ricercatori e qualche docente, ma pochi numeri uno.
Non ci sarà, pare, Claudia Petrella attrice che disse di aver rifiutato le avances di un regista,
poi di aver accettato quelle dell'M5s a candidarsi e infine ritirandosi con un ennesimo siparietto a margine dello show di Luigi Di Maio («lo amo» scriveva sul web, aggiungendo poi «scherzo»). Sarà mica anche lei del Pd?
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