Diciamolo senza troppi giri di parole. Per l'Italia in Europa tira in questo momento una brutta aria. Il gioco sembra essere quello di emarginarla, approfittando da un lato della debolezza del suo governo e delle sue difficoltà a venire a capo del problema dei migranti, dall'altra del suo scarso peso a Bruxelles a causa della incapacità a ridurre il debito e delle troppe richieste di eccezioni alle regole avanzate soprattutto da Renzi.
Obbiettivo finale, evidente nel comportamento di Macron, è di frustrare un nostro eventuale e per ora solo accennato tentativo di inserirci nel tradizionale asse Franco tedesco e, ora che la Gran Bretagna si e chiamata fuori, affermarci come il terzo lato di un triangolo Berlino-Parigi-Roma. Il presidente francese, con il suo comportamento, lascia chiaramente intendere che non vuole interferenze nel rapporto che spera di costruire con la Merkel dopo le elezioni tedesche di settembre e non vuole concorrenti di alcun genere sulla grande scena internazionale. È quasi superfluo fare qui l'elenco degli sgarbi ricevuti da Parigi dopo il suo insediamento all'Eliseo. Si va dal brusco respingimento dei migranti economici, alla rottura degli accordi per il passaggio dei cantieri di Saint Nazaire sotto il controllo di Fincantieri, al palese tentativo di sottrarci il ruolo di guida nei rapporti con la Libia che ci era stato formalmente affidato dall'intero blocco occidentale. È fin troppo evidente che, mentre considera con soddisfazione le acquisizioni dell'industria e della finanza francesi in Italia, peraltro del tutto legittime nell'ambito delle regole europee, non ci riconosce un diritto di reciprocità. Altrettanto evidente è che per la diplomazia francese noi non abbiamo la forza e la capacità di trovare una via di uscita dalla crisi libica, anche se la sua interferenza si sta già rivelando altrettanto velleitaria. Le ragioni per cui, in questo rigurgito di gollismo, Macron non ci risparmia neppure i colpi bassi, sono varie. In primo luogo, assumere una linea intransigente sull'accoglienza dei migranti è non solo popolare, ma gli può anche servire a conquistare le simpatie di un certo numero di elettori del Fronte nazionale in un momento o in cui la sua popolarità ha subito un brusco declino. Secondariamente, pensa che il momento sia favorevole, vista la confusione che regna a Roma, per fissare precise e difficilmente modificabili gerarchie. Infine, ha l'impressione che non abbiamo molte possibilità di ritorsione, e che non abbiamo nel resto dei paesi europei abbastanza seguito per assecondare la nostra speranza di arrivare a contare un po' di più. Importantissimo sarà come reagirà la Germania, una volta che avrà il suo nuovo governo, probabilmente più spostato a destra dell'attuale Grande coalizione con i socialdemocratici. Per lunghi anni, specie nell'epoca Kohl-Mitterand, i tedeschi avevano lasciato alla Francia il ruolo di principale guida politica della Ue e concentrato tutti i loro sforzi sulla conquista della supremazia economica. Poi, una volta completata e digerita la riunificazione, si sono resi conto che potevano aspirare a una leadership globale. Lo sfrenato protagonismo di Macron, basti pensare ai due spettacolari vertici con Putin e Trump, potrebbe a un certo punto infastidire Berlino e indurla a cercare anche altre sponde. Se, a questo spunto, anche l'Italia fosse riuscita a darsi un governo con cui la Germania può intendersi meglio sul piano economico, potremmo anche rientrare in gioco e costringere Macron a rivedere i suoi sogni di grandeur.
La partita è complessa, ma se vogliamo giocarcela con qualche possibilità di successo, non dobbiamo dimenticare che, se vogliamo mantenere un ruolo dì media potenza, non possiamo continuare a ridurre, di bilancio in bilancio, le spese per la politica estera e la difesa.
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