Presidente, tempi duri. Che effetto le ha fatto vedere Ronaldo andare alla Juve?
«Da milanista un effetto terribile. Ma in verità, l’arrivo nel campionato italiano di un campione assoluto come Cristiano Ronaldo è una buona notizia non solo per la Juventus, ma per l’intero calcio italiano. Mi congratulo quindi con la Juve, con i suoi dirigenti e con i suoi tifosi».
Davvero ha deciso di candidarsi alle prossime elezioni europee?
«Ritengo che il vulnus alla democrazia che ha impedito per sei anni agli elettori di Forza Italia di votare per il loro leader vada assolutamente sanato. La mia incandidabilità, basata su una sentenza assurda e pessima e su una legge vergognosa, ha gravemente penalizzato Forza Italia in questi anni, e soprattutto alle ultime elezioni, che sono state un confronto diretto fra i leader».
Sta nascendo un nuovo asse tra Italia, Germania e Austria, un asse sostanzialmente populista e uno dei soci è il suo alleato Salvini. Cosa ne pensa?
«Mi sembra una semplificazione. Parliamo di due paesi solidamente democratici, guidati da partiti politici che come noi fanno parte del Ppe. Il populismo è un’altra cosa. Va detto però che i nostri interessi, in materia di immigrazione, non è affatto scontato coincidano con quelli di paesi che pensano a bloccare la loro frontiera nazionale, più che ad aiutarci a gestire quello che succede nella frontiera meridionale dell’Europa».
Leggo alcuni retroscena secondo cui la Lega si starebbe organizzando per rompere l’alleanza e correre da sola già dalle prossime elezioni amministrative. È una possibilità realistica?
«Sarebbe realistica solo se la Lega avesse deciso di perdere. E Matteo Salvini non mi sembra sia un leader a cui piace perdere».
Forza Italia. Si riparte da Tajani. Qual è la rotta?
«Tajani non è soltanto un mio amico e uno dei fondatori di Forza Italia. È uno dei leader politici più rispettati d’Europa e - come presidente del Parlamento europeo - guida l’unica istituzione d’Europa espressione diretta dei cittadini. Cominciare da lui il processo di rinnovamento di Forza Italia ha un significato politico preciso: siamo in Europa e vogliamo restarci, siamo orgogliosamente nel Ppe, però chiediamo all’Europa un profondo cambio di passo».
Ad esempio?
«Vogliamo un’Europa solidale al suo interno e non prigioniera degli egoismi, un grande spazio di libertà e non una gabbia governata dalle burocrazie di Bruxelles, una comunità di popoli basata su valori condivisi, con una politica estera e di difesa comune che le permetteranno di esercitare un ruolo importante nel mondo».
Con un Matteo Salvini in costante campagna elettorale qual è lo spazio che vede possibile rioccupare, in parlamento e fuori?
«Questo è forse il principale errore di Salvini: continua a parlare e ad agire come se fosse in campagna elettorale. Governare è qualcosa di diverso: richiede di saper affrontare problemi complessi, con sobrietà, concretezza, senso delle istituzioni. La voglia di fare notizia troppo spesso prevale. Questo alla lunga non paga, neppure in termini di consenso. Comunque non ci interessa contendere i voti ad una forza politica del centrodestra».
Cosa intendete fare?
«A noi interessa parlare ad un’altra Italia, quella che chiede soluzioni concrete e non slogan, competenza e non effetti speciali, risultati e non semplici annunci: l’Italia fattiva, sobria, laboriosa, concreta, l’Italia liberale, moderata, equilibrata, l’Italia che lavora e che crea lavoro. Un’Italia, quella alla quale ci rivolgiamo, che nelle ultime elezioni si è distratta, che ha sbagliato le scelte, che non è andata al voto ma che non è affatto scomparsa».
Pensa che Salvini si stia facendo carico, come promesso, anche degli interessi di tutto il centrodestra?
«Dai primi provvedimenti del governo non sembrerebbe. Lo capiremo presto: vedremo se la Lega vorrà e saprà bloccare o almeno cambiare radicalmente il cosiddetto Decreto Dignità, che è letale per chi lavora e per chi crea lavoro, per tutte le categorie produttive».
Crede che la flat tax vedrà mai la luce con questo governo?
«Ho seri dubbi: la flat tax è incompatibile con i programmi pauperisti dei Cinque Stelle, come il cosiddetto reddito di cittadinanza. Intendo naturalmente una flat tax vera, che per funzionare deve rivolgersi a tutti, famiglie e imprese, e deve consistere in una sola aliquota».
L’Europa insiste che non abbiamo i conti in ordine e abbassa le nostre previsioni di crescita. Preoccupato?
«Vorrei che l’Europa avesse un atteggiamento meno giudicante e più solidale con il nostro Paese, ma un dato è innegabile: una nazione che non ha i conti in ordine è molto più debole nei confronti dei partner europei. Il fatto è che non si capisce chi governa davvero, chi deciderà il futuro dei conti pubblici italiani: mentre il premier Conte sembra scomparso, il ministro Tria si sforza di rassicurare tutti, ma i programmi dei Cinque Stelle sono fatti per aprire una voragine nei conti che si potrà colmare solo a colpi di nuove tasse. Una ricetta che l’Italia non può assolutamente permettersi».
Il decreto Dignità l’ha fatta infuriare....
«Il decreto Dignità è la dimostrazione che Di Maio non conosce nulla del mondo del lavoro. Non avrei mai creduto, nell’Italia del 2018, di trovarmi di fronte a idee che sembrano uscite dall’archivio polveroso della storia, dall’ideologia comunista fallita nel ’900. Di Maio è giovane solo anagraficamente, politicamente risulta vecchissimo. O forse semplicemente non sa di cosa parla, non si rende conto delle conseguenze di quello che dice».
Forza Italia voterà un eventuale decreto sul taglio delle pensioni della classe media?
«Tagliare le pensioni sarebbe semplicemente una follia. Ma il fatto stesso che se ne parli dimostra che avevamo ragione, quando dicevamo che i Cinque Stelle hanno come unico collante ideologico il pauperismo, l’invidia sociale, l’odio di classe, a cui si aggiunge un giustizialismo inquietante per i diritti e la libertà di tutti. Tagliare le pensioni significa rubare ai cittadini una parte dei redditi guadagnati in una vita di lavoro, e percepiti in modo differito in età avanzata».
E sulla chiusura festiva dei negozi? «Altra misura dirigista: io comprendo si possa auspicare che vi sia un’organizzazione degli orari e dei giorni di apertura dei negozi per garantire il diritto al giusto riposo e per non disunire le famiglie. Ma questi obiettivi non vanno realizzati con un provvedimento che limita la libertà di tutti e che rende molto più difficile per cittadini e turisti l’accesso alle attività commerciali. Oltre tutto, in un momento nel quale la domanda interna stenta a decollare, deprimere i consumi non mi sembra un buon modo per far ripartire l’economia».
Lei ha contribuito in modo fondamentale a sconfiggere il comunismo. Pensa che stia rientrando in gioco dalla finestra sotto mentite spoglie?
«I Cinque Stelle si dipingono come un movimento apolitico, ma in realtà hanno raccolto tutti i peggiori cascami delle ideologie di sinistra, dalla cultura anti-industriale all’invidia sociale al giustizialismo e all’indifferenza per le libertà del cittadino. Il blocco delle grandi opere, la ventilata chiusura dell’Ilva, i provvedimenti contro la flessibilità dell’impiego, la misura assistenziale del reddito di cittadinanza sono solo i primi esempi: un nuovo disastroso ’68 che con cinquant’anni di ritardo si sta abbattendo sul nostro paese».
In questi giorni sono rispuntate sue vecchie foto che la ritraggono mentre si commuove davanti agli sbarchi dell’esodo albanese. Qual è la sua posizione su quello che sta accadendo oggi nei nostri porti?
«Io credo che un cambio di passo in materia di immigrazione sia necessario. Ma la linea della fermezza va applicata senza mai perdere di vista i principi di umanità che sono nella nostra cultura».
Cioè?
«Il destino di esseri umani che sono vittime di un infame traffico e che rischiano la vita aggrappandosi ad un’illusione di un domani migliore per sé e per i propri figli merita rispetto. La vita e la dignità delle persone vengono prima di tutto. Il cinismo davanti ai lutti e alle sofferenze non è tollerabile. Lo dice chi ha guidato l’unico governo che era riuscito davvero a bloccare gli sbarchi».
Lei ha sempre governato con un occhio ai sondaggi. Oggi i sondaggi dicono che la linea Salvini paga...
«Credo stia beneficiando della “luna di miele” della quale tutti i governi godono nei primi mesi di lavoro. Poi però gli elettori si aspettano risultati concreti, e i risultati concreti non si ottengono con le promesse né con le esibizioni muscolari. Ben presto saranno i fatti e non gli annunci a orientare gli umori dei cittadini: quello sarà il nostro momento».
Prendiamo i tagli dei vecchi vitalizi. Lei è d’accordo?
Sono un imbroglio ai danni degli italiani, tipico dei Cinque Stelle. I vitalizi dei parlamentari erano già stati aboliti dalla nostra maggioranza nel 2011. Oggi si sono solo cancellati i diritti di chi, essendo stato in Parlamento prima del 2011, godeva, come è logico, del regime precedente. Questo è un principio giuridico fondamentale in uno stato di diritto, in ogni paese civile: non si possono fare leggi retroattive, non si possono cambiare le regole del passato, sulle quali le persone hanno impostato la loro vita. In uno Stato di diritto i diritti acquisiti non si possono toccare».
Giudizio negativo, insomma.
«Il provvedimento preso dalla Camera dei deputati è allo stesso tempo inutile, perché antigiuridico e quindi destinato ad essere cancellato dalla Corte costituzionale o dalla Cedu, e ignobile, meschino, perché riduce la pensione, anche dell’80%, a persone di novant’anni o a vedove che non hanno altro sostentamento. Non tocca affatto invece i privilegi dei politici in carica oggi. Per questo Forza Italia si è astenuta: giusto combattere i privilegi, vergognosa la formula adottata per farlo».
Di Maio non ha fatto mistero di volere mettere mano alla Rai e pure a Mediaset. Preoccupato?
«Più che preoccupato: se accadesse davvero l’Italia cesserebbe di essere un paese libero e una vera democrazia».
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Cinquestelle-Lega?«Durerà fino a quando Salvini non si renderà conto che permettere a Di Maio di massacrare l’Italia produttiva non è solo dannoso per il paese, ma anche elettoralmente disastroso per la Lega e per i leghisti».
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