Luigi Di Maio è in preda a una crisi di nervi: il capo politico del M5s, dopo il fallimento della trattativa per la nascita del governo giallo-verde, non regge il peso della sconfitta politica. E ora teme di dover cedere lo scettro del Movimento ad Alessandro Di Battista. Nel tentativo di nascondere l'insuccesso, perde il controllo, collezionando gaffe e umiliazioni. Al punto da far apparire Angelino Alfano un gigante della politica italiana. Il ministro degli Esteri distrugge in un tweet il leader grillino, che l'aveva inserito nell'elenco dei ministri non degni di nomina: «Niente laurea nella vita universitaria, niente professione nella vita civile, niente governo nella vita politica. Di Maio sei uguale a niente», ha scritto Alfano. L'umiliazione più dura arriva, però, dal Quirinale che definisce Di Maio un bugiardo: «Non risponde a verità la circostanza riferita dall'on. Luigi Di Maio a Pomeriggio 5 che al presidente della Repubblica siano stati fatti i nomi di Bagnai e Siri come ministri dell'Economia», chiarisce una nota dell'ufficio stampa del Quirinale. Nella fiera delle balle un posto d'onore spetta a Danilo Toninelli, braccio destro di Di Maio, che ieri mattina ha postato su Facebook due righe di un manuale di diritto costituzionale secondo cui «il presidente della Repubblica non ha alcun margine di discrezionalità nella scelta dei ministri, formalmente demandata al presidente del Consiglio». Passaggio che il capogruppo al Senato del M5s attribuisce a Costantino Mortati. In realtà è una doppia fake news. Non solo la frase è di un altro costituzionalista, Temistocle Martines, ma soprattutto nel paragrafo successivo, non riportato da Toninelli, viene chiarito come «il ruolo attivo e propositivo può tuttavia essere assunto, con somma cautela, dal Presidente della Repubblica in caso di crisi di sistema».
Rabbia, delusioni e timori sono palpabili da domenica pomeriggio: Di Maio è un rullo compressore tra interviste, liste di proscrizione, minacce, dirette Facebook e appelli alla piazza. Non risparmia critiche allo staff comunicazione per la gestione della fase post-crisi. L'enfant prodige avverte di essere caduto nella trappola ma non vuole mollare: «Non è partito il governo perciò niente regola del secondo mandato, si ricandidano le stesse liste». E prova a contrattaccare con l'obiettivo di nascondere la sconfitta. Ma solo tre giorni fa, riconosceva, con tanto di intervista, le prerogative del capo dello Stato Sergio Mattarella nella nomina dei ministri. Da domenica pomeriggio, il politico grillino ha cambiato idea, accusandolo di attentato alla Costituzione. Nel suo delirio post-fallimento, vorrebbe addirittura mettere in stato d'accusa «qualche consigliere del Quirinale». Di Maio vede nemici ovunque, dalle lobby ai pensionati d'oro: la strategia del «nemico» serve ora a far digerire alla base la batosta. Chiama a raccolta i militanti del M5s per il 2 giugno, nel giorno della festa della Repubblica, a Roma. L'ex vicepresidente della Camera evoca il fantasma del governo Monti. Dimenticando, però, di aver indicato per Palazzo Chigi un professore, Giuseppe Conte, mai eletto.
Nella girandola di contraddizioni, Di Maio, ospite di Barbara D'Urso, riconosce come l'ultimo governo eletto sia stato quello presieduto da Silvio Berlusconi. Il leader dei pentastellati non sembra lucido: sull'impeachment, sperando in una sponda (che non arriva) del leader della Lega, cambia idea: «Aspetteremo ancora qualche giorno».
E mentre chiede di votare già ad agosto, annuncia di voler far partire le commissioni parlamentari grazie all'asse con la Lega. E a Matrix detta condizioni al nuovo governo: «Non osi nominare i vertici di Rai, partecipate e Servizi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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