Dopo aver scartato, a causa dell'altissima impopolarità, l'ipotesi di riproporre la revisione degli estimi catastali, la maggioranza e il ministro Roberto Gualtieri, non ha smesso di pensare alla casa degli italiani come a un bancomat per finanziare spese insostenibili come il reddito di cittadinanza a fronte di clausole di salvaguardia sull'Iva monstre. Anche questo stratagemma non è nuovo: lo si fa passare per semplificazione di Imu e Tasi in un unico tributo e in realtà si avalla un aggravio non indifferente per milioni di proprietari immobiliari.
Il perché è semplice: l'aliquota Imu è dello 0,76% e a questo andrebbe a sommarsi 0,1% della Tasi (aliquota all'1 per mille). Considerato che in molti Comuni il tributo che dovrebbe finanziare i «servizi indivisibili» non è applicata, l'innovazione comporterebbe un aumento dell'aliquota standard allo 0,86%. Un'altra ipotesi di lavoro è quello di aumentare il prelievo sugli immobili di lusso come ville e castelli, che non sono esenti da Imu se prima casa, e portare l'aliquota allo 0,5% dall'attuale 0,4. La stangata sui «ricchi», ovviamente, viene presentata sotto forma di redistribuzione in quanto nella riforma dell'imposta sugli immobili è previsto un abbassamento dell'aliquota (che, va ricordato, è fissata a discrezione dei Comuni) fino allo zero. Improbabile, però, che un sindaco possa decidere di azzerare l'imposta vista la penuria di trasferimenti da parte dello stato centrale.
Ecco perché Confedilizia ieri è tornata a protestare. «Con il pretesto della (inutile, ma persino dannosa) unificazione di Imu e Tasi, il governo avrebbe deciso di aumentare l'aliquota base», ha twittato il presidente Giorgio Spaziani Testa, aggiungendo che «sarebbe un insulto al buon senso, prima ancora che ai proprietari: la patrimoniale sugli immobili, che continuano a perdere valore, va ridotta». Lamentele sacrosante quelle dell'associazione che rappresenta la proprietà immobiliare perché dal 2021 la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare. La «nuova Imu», secondo quanto emerso dai lavori parlamentari della legislatura, sarà articolata secondo una serie di parametri che dovrebbero sfoltire le oltre 300mila aliquote a livello locale, in modo da consentirne il pagamento con bollettini precompilati da spedire a casa e, quindi, prevenire comportamenti elusivi. Anche una simile impostazione (sulla cui costituzionalità c'è qualche dubbio, poiché è un tributo locale) prelude a una nuova mazzata sui contribuenti.
La confusione sul fronte delle nuove tasse è, come detto, legata alla difficoltà di stesura di una manovra carente sul fronte delle entrate visto che la lotta all'evasione difficilmente potrà portare i 7,2 miliardi stimati nella Nadef. Di qui l'idea di tagliare alcune spese. E qui entra in scena l'altro bancomat: i pensionati. L'ipotesi è allungare di tre mesi le finestre di uscita per quota 100 che attualmente sono fissate a 3 mesi per i dipendenti privati e a sei mesi per i pubblici, portandole rispettivamente a 6 e 9 mesi.
In questo modo si otterrebbero 600 milioni di risparmi nel 2020 e 1 miliardo nel 2021 quando la misura scadrà e, molto probabilmente non sarà rinnovata, a favore dell'Ape social. Il ministro del Lavoro Catalfo si è affrettata a smentire. I pensionati, infatti, votano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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