Sono veri e propri covi di illegalità, quelli in cui si riuniscono i nemici dello Stato, del sistema, delle forze dell'ordine, quelli che pur di imporre il loro pensiero devastano città, sfondano vetrine, tirano bombe carta, picchiano carabinieri e poliziotti. Sono i centri sociali, in Italia attivi a centinaia.
I più conosciuti sono oltre 250, ma i gruppi antagonisti, nel Bel Paese, sono migliaia. Sono organizzati, hanno una struttura definita e si muovono assieme. Se da una parte l'attenzione dei tutori della legge è puntata sulle realtà di estrema destra, come gli Skinhead, che contano «adepti» anche in Italia, dall'altra quello che ultimamente fa più paura è l'antagonista di estrema sinistra. Il pericolo rosso, insomma, torna a far parlare di sé in un periodo storico in cui lo spostamento del pensiero collettivo europeo verso il centrodestra e l'estrema destra si fa sentire. Lo abbiamo notato anche in Italia a ridosso delle elezioni con le manifestazioni antifasciste che a Piacenza, Torino e altri centri hanno portato al bilancio di un carabiniere e diversi agenti feriti anche in modo serio.
Al primo posto nella lista delle città che vantano il triste primato dei gruppi più violenti c'è Torino, dove l'attivissimo Askatasuna torna a far parlare di sé dopo anni di scontri per la questione No Tav. Da lì proveniva Giorgio Battagliola, uno dei picchiatori del militare dell'Arma Luca Belvedere, aggredito a Piacenza. «La repressione è l'arma del nemico per farci desistere. Sono consapevole di essere nel giusto. Non siamo in carcere per nulla, ma per un vero ideale che passo dopo passo torna a essere una forza di lotta nazionale», nella lettera di Battagliola agli amici, dal carcere di Piacenza, si sintetizza il pensiero di chi aderisce ai centri sociali. Al secondo posto c'è Bologna, spesso protagonista di scontri tra forze dell'ordine e manifestanti. Lì è molto attivo il Teatro polivalente occupato, i cui appartenenti si sono resi protagonisti di diversi episodi di violenza. A Bologna della galassia degli antifascisti fanno parte anche Làbas e Crash. E poi c'è Napoli, con il discusso Ex Opg occupato Je so pazzo, che al G7, la scorsa estate, protestò contro i potenti riuniti a Taormina. A Napoli molto attivo anche il centro sociale Insurgencia. A Roma fa parlare di sé il Macchia Rossa, mentre a Milano sono attenzionati il Cantiere, il Cox 18, lo Zam e il Lambretta. A Palermo, dove un militante di Forza Nuova è stato di recente picchiato, si ricordano Anomalia ed Ex Karcere, a Padova il Pedro, a Rimini il Casa Madiba, a Livorno il Teatrofficina Refugio, che il sindaco pentastellato Filippo Nogarin ha difeso a più riprese nonostante gli striscioni contro Israele che hanno sollevato non poche polemiche. A Brescia c'è il Magazzino 47, a Cremona il Kavarna, a Trento il centro sociale Bruno, a Piacenza il Controtendenza e a Pisa il NewRoz spazio antagonista. Gruppi rossi che, in qualche modo, hanno fatto parlare delle loro azioni violente. Peraltro, i loro organismi di diffusione delle notizie ben si conoscono. Uno dei siti che più li rappresenta è Infoaout.org, che riporta informazioni aggiornate sui centri sociali. Molto vicina a questo mondo è anche la testata livornese Senza Soste, spesso dalla parte di antifascisti e antirazzisti.
Più volte dal Nucleo antiterrorismo e dai Nuclei informativi dell'Arma dei carabinieri hanno spiegato che «c'è un controllo su quelli che sono i movimenti dei centri sociali e dei gruppi violenti in genere. La verifica avviene attraverso un'attività e investigativa su strutture e organizzazioni anche attraverso l'uso di internet».
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