Marra, il Richelieu che ha sfasciato il Campidoglio

Scontri, minacce e trucchi del vicecapo di gabinetto, ex amico di Alemanno

Marra, il Richelieu che ha sfasciato il Campidoglio

Roma Urla, minacce, rimozioni, sotterfugi, sgambetti. Le stanze e i corridoi del Campidoglio ne hanno viste di belle, nell'agosto di fuoco culminato con le dimissioni a catena del capo di gabinetto Carla Raineri, dell'assessore al Bilancio Marcello Minenna, dell'amministratore unico di Ama Alessandro Solidoro, dei vertici dell'Atac Marco Rettighieri e Armando Brandolese.

Raccontano che dietro alla crisi che mette in pericolo la giunta di Virginia Raggi ci sia, innanzitutto, la sua eminenza grigia: Raffaele Marra. Il vice capo di gabinetto, 44 anni, ex ufficiale della Guardia di Finanza, aveva collaborato con il sindaco Gianni Alemanno (prima ancora quando era ministro dell'Agricoltura), poi era entrato in rotta di collisione con lui ed era stato dirottato sulla Regione, guidata da Renata Polverini. Per questi legami con il centrodestra era stato molto contestato dagli stessi grillini, ma la sindaca ne ha fatto il centro del «raggio magico» dei suoi fedelissimi.

Chi ci ha lavorato lo descrive come molto ambizioso e arrogante ed un episodio in particolare sembra sia stato la scintilla che ha pesato sulla fuga dei 5 tecnici dal Comune, dovute anche all'insofferenza per il suo strapotere.

Siamo appunto in agosto e avviene uno scontro durissimo tra Marra e la responsabile delle Risorse umane, Laura Benente, integerrima dirigente sabauda, a Roma già con Marino e poi con il commissario Tronca. Lui vuole che firmi l'autorizzazione per fargli frequentare un master a Bruxelles, pagato dall'amministrazione, per cui dovrà fare domanda a ottobre. Già ne ha ottenuto uno, di 2 anni, tutto spesato dal Comune e vuole fare il bis, ma la Benente si mette di traverso, vuole valutare bene. Nel corridoio esplode la rabbia di Marra. Al capo del personale, dicono i testimoni, urla: «Troverò tra suoi atti qualcosa che la farà finire nei guai». Poi va dalla Raggi e chiede la sua testa. Mentre la Benente se ne va una settimana in ferie, la sindaca dispone il suo rientro immediato all'Inps di Torino, da dove ha avuto il comando per la capitale. Quando lei tornerà a fine mese, troverà gli scatoloni fuori dalla porta.

Ma prima ancora, Marra approfitta della sua assenza per favorire un altro degli esponenti del «raggio magico». Il capo della segreteria Salvatore Romeo, attivista grillino da sempre ombra della Raggi, si confeziona una delibera su misura che gli triplica lo stipendio da 40 a 120 mila euro all'anno, 18mila più del capo dello staff di Marino. Il gioco è facile: il dipendente comunale, si mette in aspettativa, poi viene riassunto a tempo determinato, con un compenso ben superiore.

A firmare la delibera è il vice della Benente, Gianluca Viggiano, legato a Marra con cui è stato alla Guardia di Finanza. Un particolare: mentre nelle altre delibere viene indicato in chiaro il compenso, per la promozione di Romeo si usa una formula farraginosa, si parla di trattamento economico annuo lordo parametrato alla terza fascia di dirigente, senza scrivere la cifra.

Marra e Romeo, per il loro blitz ben congegnato, hanno aspettato che il capo del personale andasse in vacanza, ben sapendo che probabilmente avrebbe sollevato obiezioni.

Ora che lo scandalo in Campidoglio ha smosso le acque e le polemiche anche nel M5S montano, il capo della segreteria della Raggi fa marcia indietro, senza vergogna: «Nella delibera c'è un errore, il compenso sarà abbassato». Ma tutto questo spiega il clima che avrebbe convinto Ranieri, Minenna e gli altri che una barca del genere era meglio lasciarla al più presto.

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