Matteo, il fattore c. e lo scoglio del sindaco Marino

Fuori dai confini, dove non basta la fortuna ma serve ben altro, continua invece il disastro

Matteo, il fattore c. e lo scoglio del sindaco Marino

Non vogliamo passare per degli ossessionati da Matteo Renzi. Anzi, da ieri la sua riforma del Senato, sia pure con imbrogli procedurali, si sta avviando alla seconda approvazione (ne servono quattro). Il fine, secondo lui, giustifica i mezzi, e lui non si fa alcun problema a usare quelli banditeschi. Il governo sta pure incassando alcuni timidi segnali se non di ripresa almeno di arresto della caduta. Piccoli «zero virgola» in più che il premier venditore è abilissimo a spacciare per grandi successi. Poco importa che non siano neppure farina del suo sacco ma conseguenza della congiuntura internazionale favorevole. Ci sono, e questo basta. Il premier è più fortunato che bravo. Sul fronte interno tutto gli gira a favore: i soldi di Draghi, l'interdizione di Berlusconi, la conseguente crisi con sfaldamento del centrodestra, le paure dei suoi di perdere il posto. Si chiama «fattore c.» (lui ne è dotato in abbondanza) ed è lo strumento con cui ha domato Parlamento e partito.

Fuori dai confini, dove non basta la fortuna ma serve ben altro, continua invece il disastro. È talmente un peso piuma che la settimana scorsa non è stato invitato al vertice europeo sulla Libia. Due giorni fa ha parlato sì all'assemblea dell'Onu, ma in una sala deserta: «Renzi chi?» si sono chiesti i delegati prima di darsi alla ricreazione. E ieri la Merkel gli ha scippato pure il regista della crisi libica: il commissario europeo che dovrà sovrintendere a quell'area sarà infatti tedesco e non italiano come chiesto – con molte ragioni – dal nostro premier.

Tornando alle questioni domestiche, c'è però una crepa nel «fattore c.», che sta diventando una voragine. Parliamo del caso Roma. Ieri il sindaco Marino, non contento dei guai già combinati, in poche ore ha detto nell'ordine: il Papa non capisce nulla e dovrebbe prendere lezioni da lui, il prefetto Gabrielli è una sua badante, Alfio Marchini è una specie di fascista di ritorno (si è beccato pure una querela). L'uomo è talmente fuori controllo, e fuori di testa, che ci sta diventando simpatico. Anche perché sta trascinando nel ridicolo il suo partito, il Pd, e il suo segretario, Matteo Renzi, che lo devono lasciare al suo posto pena elezioni anticipate e sicuro disastro elettorale della sinistra.

Sul caso Marino, Renzi sta perdendo non solo voti a Roma ma pure la faccia. Lasciare la capitale in mano a questo tontolone è la prova che Renzi non ha a cuore la dignità del Paese e il bene della cosa pubblica. L'unica cosa che gli interessa è il suo «c.», senza fattore.

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