Conte e i suoi ministri pentastellati blindano Salvini, presentando due memorie difensive in allegato a quella depositata dal ministro dell'Interno alla Giunta per le immunità che dovrà decidere se farlo giudicare o meno dal Tribunale dei ministri. Documenti, uno firmato dal presidente del Consiglio, l'altro dal vice premier Luigi Di Maio e dal ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, in cui si indica la corresponsabilità nella gestione del «caso Diciotti». Quella del titolare del Viminale è una memoria difensiva articolata, tecnica e non politica, lunga 23 pagine.
I fatti
«La Capitaneria di porto - si legge nella memoria difensiva del leader leghista - in data 14 agosto 2018 veniva notiziata dell'avvistamento di un barcone con numerose persone a bordo che puntava, sin dall'inizio della traversata, verso l'isola di Malta. Il natante il 15 agosto si trovava nella zona di competenza del Rcc di Malta, assumeva il coordinamento dell'evento come da comunicazione delle 8.53», agli Rcc italiano, libico e maltese. Alle 10,35 dello stesso giorno Malta comunicava sia a Imrcc Roma che alla missione Sophia Eunavformed, di stare monitorando il barcone. In realtà più tardi, «imbarcazioni maltesi inducevano il natante a deviare la rotta» verso l'isola di Lampedusa, pur essendo il barcone distante 50 miglia da Malta e 100 dalle coste dell'isola italiana. I maltesi si limitavano a fornire giubbotti di salvataggio.
La testimonianza
Secondo Fisea Epher che si trovava a bordo del barcone, i maltesi avrebbero detto loro che non li avrebbero condotti a Malta. «Hanno aggiunto che noi avevamo sbagliato posto dove andare - si legge nella testimonianza - e che ci avrebbero fatto vedere la direzione in cui procedere per andare in Italia».
La responsabilità di Malta
Il 16 agosto, alle 2.45 della notte, il natante, dopo 24 ore di navigazione, lanciava un sos nell'impossibilità di navigare. Dieci minuti dopo la Capitaneria di porto invitava Malta ad adottare le iniziative necessarie. Alle 3.07 il barcone lanciava un nuovo sos, costringendo di fatto la Capitaneria italiana a intervenire. In seguito Malta accusava «esplicitamente la Guardia costiera italiana di aver compiuto un atto di intercettazione di un'imbarcazione che stava esercitando il diritto di navigare in alto mare in condizioni di sicurezza».
L'arrivo a Lampedusa
Il 17 agosto veniva chiesto un posto al sicuro al ministero dell'Interno italiano nel caso di nuovo diniego da parte di La Valletta. Lo stesso giorno la Capitaneria inviava una seconda richiesta di porto al sicuro a Malta. Il 19 agosto, infine, la Diciotti dirigeva verso Pozzallo e il 20, su disposizione del ministero dei Trasporti, veniva indirizzato a Catania per uno scalo tecnico.
L'ipotesi di reato
Secondo la memoria, il tribunale di Catania ha stabilito che la condotta di Salvini prevederebbe il sequestro di persona in quanto «l'autorità marittima italiana, preso atto del silenzio definitivo di Malta, ha abbandonato di fatto ogni questione sull'individuazione dello Stato responsabile, così indicando in capo al governo italiano la primaria responsabilità dell'evento Sar». Sempre secondo il tribunale di Catania vi sarebbe stato un'apprezzabile limitazione della libertà di locomozione dei migranti quale diretta conseguenza dell'omessa indicazione del porto sicuro e del correlativo divieto di sbarco.
Le osservazioni
Secondo quanto scritto da Salvini, «in tale quadro, il governo ha posto in essere tutti gli strumenti di soluzione del conflitto, che sono stati concretamente attuati. Emerge chiaramente come proprio sulla specifica vicenda Diciotti si sia in presenza di una iniziativa del governo italiano coerente con la politica dello Stato sui flussi migratori».
E anche qualora si rilevassero responsabilità, si fa notare nella memoria, si deve tenere conto del fatto che «la gestione, il monitoraggio e il controllo dei flussi migratori appaiono avere connotati essenziali per l'interesse pubblico nazionale». In particolare si sottolinea «la centralità assoluta della minaccia jihadista nell'agenda di sicurezza di tutto il mondo». «In questo contesto - si dice poi - non deve neppure essere sottovalutata la possibilità che i flussi migratori possono rappresentare il veicolo per l'arrivo di soggetti infiltrati allo scopo di compiere azioni violente», come sottolineato anche dal direttore generale del Dipartimento informazioni per la sicurezza.
La precisazione di Conte
Il premier, nell'intento di difendere Salvini, ha scritto nel suo allegato: «Sento il dovere di precisare che le determinazioni assunte in quell'occasione dal ministro dell'Interno sono riconducibili a una linea di politica sull'immigrazione che ho condiviso, nella mia qualità di presidente del Consiglio, con i ministri competenti, in coerenza con il programma di governo». Conte specifica anche che «le azioni poste in essere dal ministro dell'Interno si pongono pertanto in attuazione di un indirizzo politico istituzionale che il governo ha sempre coerentemente condiviso fin dal suo insediamento. Di questo indirizzo - prosegue -, così come della politica generale del governo, non possono non ritenermi responsabile ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione».
L'allegato di Di Maio e Toninelli
Quella che si evince dalla memoria inviata dai due ministri è una sorta di ammissione di «corresponsabilità». Nel documento ricalcano quanto detto da Conte, ovvero che «le determinazioni assunte per la gestione delle procedure di salvataggio in mare da parte della nave Diciotti sono riconducibili a una linea politica sull'immigrazione condivisa da tutto il governo».
E chiariscono che l'esecutivo, «senza mai rinunciare alla solidarietà e all'accoglienza e assicurando il pieno rispetto dei diritti umani e in primis del diritto alla salute, è quindi riuscito a ottenere, coinvolgendo Paesi terzi, un'assunzione di responsabilità nella gestione dei flussi migratori».
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