Nessuna modifica alle cifre della legge di Bilancio. Non sulla crescita, ma nemmeno sul deficit. Le cancellerie hanno dato per scontata l'indisponibilità dell'Italia a rivedere i conti. Ma anche i mercati hanno già prezzato la lettera del governo di Roma alla Commissione europea.
La risposta alla bocciatura dei conti contenuti nel documento programmatico di bilancio è stata oggetto di un confronto duro nel governo, durato fino a ieri sera, quando l'esecutivo di Roma si è riunito per varare ufficialmente il testo.
Già in mattinata il ministro dell'Economia aveva però escluso modifiche al Documento programmatico di Bilancio e al Def aggiornato. «Il tasso di crescita non si negozia, le previsioni di crescita sono il risultato di valutazione squisitamente tecnica», ha assicurato Giovanni Tria.
In realtà al ministero dell'Economia si stava studiando la possibilità di ritoccare dall'1,5 all'1,3% la crescita del Pil prevista per il 2019. Modifica che avrebbe costretto il governo a rivedere anche le misure di spesa della Legge di Bilancio. Scenario che i vicepremier Luigi di Maio e Matteo Salvini hanno escluso, costringendo il ministro a tornare sui suoi passi. Alla fine le uniche concessioni possibili dell'Italia riguarderanno una maggiore attenzione agli investimenti.
Ora per il governo si apre la strada di una procedura di infrazione. «Molto probabile l'apertura di una formale procedura che potrebbe comportare l'irrogazione di una multa all'Italia, o di un congelamento dei fondi europei», ha commentato Renato Brunetta di Forza Italia. La procedura dovrebbe essere per debito eccessivo, non per deficit. Si riaprirebbe, insomma, la procedura per i conti del 2017, congelata perché il precedente governo aveva preso l'impegno di ridurre il deficit.
Nella veste di presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha rivolto al governo italiano un appello affinché «modifichi i contenuti della manovra, per dare un segnale di cambiamento, che permetta di evitare una bocciatura della proposta italiana».
La giornata era iniziata nel peggiore dei modi. Con una bocciatura preventiva arrivata dal Fondo monetario internazionale e poi da uno stop sonoro pronunciato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. «L'Italia è un Paese fondatore, ha deciso con tutti gli altri Stati regole che sono adesso la base giuridica dell'Unione, non possiamo semplicemente dire adesso qualcuno dice che questo non interessa piu». Chiaro il messaggio, la riduzione del deficit è parte delle regole europee e dei trattati internazionali. Quindi il deficit al 2,4% comunicato dall'Italia a Bruxelles non va bene. Ma la Germania non chiude al dialogo.
Bocciatura a tutto tondo da parte del Fondo monetario internazionale. Dubbi sull'effetto che un bilancio tutto in defict possa avere sulla crescita. «Probabilmente negativo nel medio termine» se lo spread «elevato» dovesse «persistere». In più, non sono escluse manovre correttive che potrebbero trasformare «un rallentamento in una recessione».
Secondo l'istituto guidato da Christine Lagarde il deficit del 2019 sarà del 2,7%. Lo 0,3% in più rispetto alle previsioni del governo. Il Pil intorno all'1%, per il governo all'1,5%.
I tecnici dell'Fmi (il rapporto pubblicato ieri, L'Article IV, è il risultato di una missione italiana di inviati del Fondo) criticano nel merito la riforma delle
pensioni del governo. «È improbabile - si legge nelle conclusioni - che l'ondata di pensionamenti crei tanti posti di lavoro per i giovani». Male anche il reddito di cittadinanza, se come sembra sarà un disincentivo al lavoro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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