Franco Cardini è uno dei più importanti medievalisti italiani. Prendendo spunto dalle nuove minacce dell'Isis contro il Vaticano e la Capitale, abbiamo fatto una chiacchierata con lui, per capire quanto Roma sia un simbolo importante per il mondo islamico. Oggi e nella storia.
Professor Cardini, ma la conquista di Roma è un must del mondo islamico?
«Durante le crociate che in senso ampio sono durate dall' XI secolo sino al XVIII, era abbastanza normale il riferimento alla conquista di Roma. Mi spiego: come i cristiani dicevano che sarebbero arrivati sino alla Mecca, così i Califfi, i signori arabi del nord Africa o i Sultani, dicevano che avrebbero preso Roma. Era uno schema retorico normale nel conflitto. Ma attenzione bisogna sottolineare retorico. Nel mezzo c'erano paci, trattati, commerci, alleanze interreligiose. Ma, ovviamente, si diceva».
In che termini?
«Uno dei termini allegorici più usati per dire che si sarebbe conquistato Roma era prendere la Mela rossa. Il termine va spiegato perché, probabilmente, il riferimento era alla cupola di Santa Sofia a Costantinopoli. Bisanzio era la prima Roma intesa come simbolo dell'Occidente che i musulmani si sono trovati davanti. Poi, ovviamente, dopo la sua caduta il termine poteva indicare sia l'Occidente in generale che proprio la città di Roma come suo simbolo».
Ma piani reali per attaccarla?
«Il richiamo a prendere la Mela rossa c'era in tutti i discorsi del Sultano turco all'esercito. Ma era tutto sommato un modo di dire, come il Ci rivedremo a Gerusalemme dei crociati... Non ci furono piani precisi per prendere la città. Alla fine anche il famoso assedio di Vienna del 1683 non era stato pianificato dal Sultano. No: Rum, come veniva chiamata nei testi arabi, era più che altro un richiamo simbolico».
E l'attacco alla città portato avanti dai pirati saraceni nell'846 d.C?
«Lo ha detto lei: quello fu un attacco di pirati. Depredarono le campagne attorno alla città, San Pietro e San Paolo. Fu anche a seguito dell'attacco che vennero costruite le Mura leonine. Ma fu comunque solo un'incursione, non rispondeva a un piano di conquista, e il tentativo di replicarla nell'849 finì malissimo. E all'epoca va detto che Roma alla fine era un grosso borgo non molto di più... Non un vero bersaglio, contava più la Sicilia».
Ma nella letteratura e nell'immaginario arabo islamico la città aveva una qualche importanza?
«Sì, era un luogo fantastico. Nei secoli molti scrittori ne parlarono descrivendone le meraviglie, vere o inventate poco importa. Divenne una specie di luogo magico un po' come per i cristiani lo era l'araba Damasco. Divenne un oggetto di cultura popolare, favolistico».
Di questa cultura popolare è rimasto qualcosa al giorno d'oggi?
«Nel mondo arabo le tradizioni sopravvivono più che nel nostro. Ancora oggi le nonne dei bambini palestinesi se fanno i capricci gli dicono: Guarda che arriva re Riccardo. Il richiamo è a Riccardo Cuor di Leone anche se magari quelle anziane donne non lo sanno... Quindi sì, è probabile che della Rum mitica qualcosa sia rimasto».
Quindi per il Califfo è un buon argomento propagandistico?
«Quei poveracci che nei territori sotto il controllo di Isis sono costretti a subirsi le sue trasmissioni radio avranno sentito parlare di attaccare Roma. Non credo che sia un argomento con qualche presa, fa parte soltanto dell'armamentario retorico degli estremisti...».
È pericoloso secondo lei?
«Non credo che spinga qualcuno a cercare di venire dalla Siria.
È pericoloso nel senso che se un messaggio così, grazie al web, finisce nelle orecchie di qualche musulmano che vive qui, che abbia poca cultura e magari una personalità disturbata, può spingere ad azioni folli. Mi sembra evidente, anche se non è il mio campo, che la strategia sia quella di buttare l'amo per spingere all'azione singoli psicopatici e poi arruolarli a posteriori come martiri...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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