Gli Stati membri non possono sottoporre un richiedente asilo a test psicologici per verificare il suo orientamento sessuale. È questa la decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea che ha stabilito che la pratica costituisce un'ingerenza sproporzionata nella vita privata. L'omosessualità rappresenta una delle ragioni per cui il rifugiato teme persecuzioni nel prorpio paese.
Siamo nel 2015 quando un cittadino nigeriano presenta una domanda d'asilo in Ungheria dichiarando di essere perseguitato a causa della sua omosessualità. Le autorità ungheresi avevano respinto la domanda perchè la perizia psicologica disposta per esaminare la personalità del richiedente asilo non aveva confermato l'orientamento sessuale dichiarato.
Secondo i giudici di Lussemburgo, il ricorso a una perizia psicologica, oltre a rappresentare un'ingerenza rispetto alla sua vita privata, non è indispensabile per valutare
l'attendibilità della dichiarazioni del richiedente relative al suo orientamento sessuale e avrebbe un'affidabilità limitata.Il rischio, ora, è che l'omosessualità venga sfruttata anche da soggetti etero solo per ottenere automaticamente diitto alla protezione internazionale.
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