Migranti nei lager. Sgominata la banda dell'accoglienza

Cinque arresti a Benevento: assegnazioni pilotate grazie a un complice in Prefettura

Migranti nei lager. Sgominata la banda dell'accoglienza

Ci sono i migranti, vittime due volte, e chi lucrava su di loro incassando fiumi di denaro per occuparsene e che invece gli riservava un trattamento disumano, costringendoli a vivere ammassati in veri e propri tuguri senza riscaldamento, talvolta senza acqua ed elettricità, senza materassi e coperte, senza vestiti di ricambio né pocket money.

Era un sistema criminale che lucrava sull'accoglienza quello scoperchiato dalla Procura di Benevento e che ha portato all'arresto di cinque persone, tra cui un funzionario pubblico, un impiegato del ministero della Giustizia e un appartenente alle forze dell'ordine, accusati a vario titolo di truffa ai danni dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode in pubbliche forniture, corruzione e rivelazione di segreto d'ufficio. Ci sono anche 36 indagati. Tutto ruotava intorno a Paolo Di Donato, il «re dei rifugiati», che intercettato ammette di guadagnare anche 50mila euro al giorno sulla testa dei migranti. Amministrando il consorzio Maleventum che gestisce tredici centri di accoglienza arrivando ad ospitare anche mille immigrati ha costruito un impero. Quando ha cominciato a sentire il fiato degli investigatori sul collo, visto che c'era un carabiniere infedele che gli spifferava le notizie coperte da segreto, per evitare conseguenze giudiziarie ha rinunciato alle cariche operative rimanendo un semplice consulente, ma nonostante questo la Procura è riuscita ad ottenere dal gip la misura cautelare e adesso è ai domiciliari. Stessa misura per Giuseppe Pavone, dipendente del ministero della Giustizia, per il funzionario della prefettura Felice Panzone, poi trasferito, per il carabiniere Salvatore Ruta e per uno dei gestori dei centri, Angelo Collarile.

L'indagine va avanti dal novembre 2015, quando un esposto aveva denunciato una serie di irregolarità. È emerso un vero e proprio business sulle assegnazioni pilotate dei migranti, sul sovraffollamento dei centri, sulla falsa attestazione di presenze degli ospiti. Tutto grazie alla compiacenza del funzionario della prefettura che consentiva a Di Donato di ottenere l'assegnazione di un numero di immigrati ben oltre le capacità dei suoi centri. I fondi lievitavano ulteriormente grazie a qualche trucchetto, come quello di non denunciare l'allontanamento degli ospiti, che continuavano ad essere censiti attraverso firme false apposte palesemente con la stessa grafia o gonfiando il registro delle presenze. Errori talmente evidenti da convincere gli investigatori che dovesse esserci un nesso tra controllore e controllato. Grazie alla dritta di Panzone, che dalla prefettura avverte i gestori («Passate la cera»), nel gennaio 2016 i centri-lager riescono a passare indenni anche un'ispezione Onu dell'alto commissariato per i rifugiati. I tuguri vengono sistemati, vengono preparati pasti decenti, forniti abiti puliti ai migranti, ai quali viene consentito di lavarsi e di non farsi trovare ammassati. Ma qualcuno è meno scaltro e lascia tracce che si riveleranno utili all'inchiesta.

La Procura aveva chiesto il sequestro delle strutture, il gip ha detto no. Le indagini hanno portato alla luce situazioni ai limiti della decenza.

I migranti venivano ammassati anche in dieci in stanze che potevano ospitarne al massimo quattro, con servizi igienici assolutamente insufficienti e condizioni sanitarie ben al di sotto degli standard richiesti. Ma ottenere l'autorizzazione della prefettura di Benevento non era un problema, sempre grazie alla compiacenza di Panzone.

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