Milano - Una vita come tante non l'aveva da un pezzo e forse non avrebbe nemmeno saputa gestire. Fuori e dentro dalle comunità di recupero, vittima di istinti suicidi nati dal rimorso per aver rinunciato alla sua bambina partorita ad appena 16 anni, la 19enne Jessica Valentina Faoro faceva a pugni con una quotidianità amara fatta di lavori saltuari, amicizie improvvisate e giacigli di fortuna. Senza mai perdere però l'amore per la burla - che emerge chiara nei suoi selfie «linguacciuti» su Facebook - e il sorriso autentico di chi il futuro ce l'ha ancora tutto davanti e non rinuncia a svoltare. A portarglielo via per sempre questo futuro ci ha pensato l'altra notte intorno alle 4 un tranviere milanese di 39 anni. Un uomo sposato che, insieme alla moglie, subaffittava alla ragazza una stanza nel proprio appartamento in via Brioschi 93, tra il Ticinese e lo Stadera, in uno stabile abitato solo da una cooperativa di dipendenti Atm, l'Azienda trasporti milanese.
Un rifiuto? Un approccio dell'uomo rispedito al mittente? Quel che è certo finora è che Alessandro Garlaschi - così si chiama l'uomo fermato ieri sera dalla squadra mobile con l'accusa di omicidio volontario e vilipendio di cadavere con un provvedimento firmato dalla pm Cristiana Roveda - non si aspettava di trovarsi davanti una giovane donna agguerrita, decisa e forse abituata a difendersi e che alle sue attenzioni morbose ha risposto sferrandogli una coltellata alle mani. Lui allora si è trasformato in una bestia feroce, anche se non immediatamente. Dopo qualche minuto, infatti, è tornato all'attacco e, nuovamente allontanato da Jessica, le ha strappato dalle mani il coltello, si è avventato su di lei colpendola con due fendenti e aprendole il ventre. Quindi ha cercato di disfarsi del cadavere nei modi più truculenti: lo ha ulteriormente straziato nel maldestro tentativo di sezionarlo e di metterlo in un sacco della spazzatura, poi ha anche provato a bruciarlo. Attorno alle 10.30 di ieri, infine, è sceso in portineria completamente sporco di sangue dicendo «Ho una ragazza morta in casa». La stessa frase l'ha ripetuta (ma solo dopo aver chiamato prima il proprio avvocato) all'operatore del numero unico di soccorso 112. Più tardi, davanti ai poliziotti delle «Volanti» e con le mani fasciate, Garlaschi ha dichiarato di essere rimasto vittima di una colluttazione mentre Jessica gli stava per fare «un'iniezione per il diabete». Verso le 16 il tranviere è stato portato in questura tra la rabbia dei condomini che gli gridavano «mostro».
La moglie, in lacrime, era stata fatta allontanare invece già in mattinata. Si chiama Veronica Emanuele ed è sospettata dagli inquirenti, che fino a tarda sera l'hanno interrogata negli uffici della Squadra mobile, di avere un ruolo nei tentativi falliti del marito di occultare il cadavere di Jessica. I suoi rapporti con il coniuge pare non fossero dei migliori, ma l'uomo ha dichiarato che Veronica non era in casa l'altra sera perché lui stesso l'aveva portata a dormire dalla suocera. Una versione dei fatti che convince gli investigatori solo in parte. Alcuni condomini sostengono infatti di aver udito all'alba la donna piangere nel giardino del palazzo: dopo l'omicidio Garlaschi sarebbe andato a prenderla per riportarla a casa.
La coppia, che non ha figli, viveva in via Brioschi 93 da anni, ma si era trasferita da poco nell'alloggio in cui è stata ammazzata Jessica dopo una serie di discussioni animate con una vicina di casa. Garlaschi non era particolarmente ben visto nemmeno sul posto di lavoro.
Non solo nel 2014 era stato processato dopo che una collega lo aveva denunciato per atti persecutori, ma negli ultimi tempi, secondo i colleghi il tranviere aveva avuto diversi incidenti di piccola entità per i quali i responsabili avrebbero cercato di sollevarlo dal suo incarico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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