La prossima settimana il ministro dell'Interno, Marco Minniti, convocherà i rappresentanti delle Ong al Viminale per coinvolgerli nella fase due dell'operazione in Libia, che sta fermando l'ondata umana verso l'Italia. «Dato che adesso fanno sempre meno salvataggi in mare potrebbero operare nei centri di detenzione dei migranti con l'obiettivo di alleviare le sofferenze di migliaia di disgraziati» spiega una fonte del Viminale a il Giornale. Le Ong, sconfitte in mare dal codice Minniti e dall'inchiesta della procura di Trapani sui contatti con i trafficanti, hanno continuato a sparare a zero contro lo stop ai flussi imposto dall'Italia. In particolare Medici senza frontiere, che con una lettera aperta ha denunciato proprio le condizioni inumane dei centri di detenzione. Al momento sono aperti una quindicina, che tengono in gabbia circa 7mila persone comprese donne e bambini. Gli stessi responsabili dei centri del ministero dell'Interno libico ammettono le condizioni inumane a causa degli scarsi fondi a disposizione e denunciano la latitanza delle organizzazioni umanitarie. «Tutte le persone che abbiamo incontrato avevano le lacrime agli occhi e continuavano ripetutamente a chiedere di uscire da lì. La loro disperazione è sconvolgente» pontificava Msf nella lettera-denuncia riferendosi ai migranti dietro le sbarre in Libia. A dar man forte ai talebani dell'accoglienza è sceso in campo anche l'Alto commissario per i diritti umani dell'Onu. I nodi verranno al pettine la prossima settimana con la proposta di coinvolgimento di Minniti sul terreno, in Libia.
Se le Ong rifiuteranno di sporcarsi le mani getteranno definitivamente la maschera dimostrando che sfruttano le sofferenze dei migranti come grimaldello per forzare il governo a riaprire la porta degli arrivi in Italia. FBil
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