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Quel mix di soldi e religione che fa ripartire i barconi

Calo dei controlli per il Ramadan e le liti su chi paga il carburante alle motovedette. Così il traffico verso l'Italia è ripreso

Quel mix di soldi e religione che fa ripartire i barconi

Le motovedette della Guardia Costiera libica con i serbatoi vuoti, un paese appisolato nel torpore da fine Ramadan e infine l'incapacità del governo di Fayez Al Sarraj di controllare i porti delle zone costiere orientali da Garabulli ad Al Khoms.

Son queste, secondo alcune fonti libiche de Il Giornale, le principali ragioni che hanno portato nelle ultime 72 ore alla partenza di oltre mille migranti dalle coste della nostra ex colonia. Prive di fondamento sembrano invece le ipotesi di chi azzarda che il lungo iato tra il governo Gentiloni e quello di Giuseppe Conte possa aver compromesso, grazie anche all'uscita di scena di Marco Minniti l'infrastruttura politica e di sicurezza che permetteva di far pressione su Tripoli e tenere a freno il traffico di uomini.

La ragione del brusco ritorno al passato è dunque assai poco italica e molto più libica. E si basa su un miscuglio di soldi e religione. Per quanto riguarda i soldi è in piedi da mesi una disputa tra il Ministero della Difesa libico e la National Oil Company, la compagnia petrolifera libica. Al centro del contenzioso si sono le fatture per il gasolio consumato dalle motovedette. Il ministero della Difesa, da cui dipende la Guardia Costiera, non paga o lo fa con grossi ritardi. Di conseguenza la Noc ritarda o rifiuta le forniture. Risultato i depositi della Guardia Costiera sono praticamente vuoti e le motovedette non hanno l'autonomia sufficiente per rincorrere i trafficanti. Questa già complessa situazione è acuita dal Ramadan, il mese sacro dell'Islam in cui non si beve e non si mangia dall'alba al tramonto. L'inevitabile trasferimento dei pasti nelle ore notturne - con il «suhur», la colazione del Ramadan, cucinata e consumata prima dell'alba - sposta molto in là risveglio e ripresa delle attività. E in un paese come la Libia - dove la mattina inizia tardi già normalmente - il letargo del Ramadan finisce con il spingere ben oltre il mezzogiorno la ripresa del lavoro. In questa situazione le attività della Guardia Costiera sono le prime a venir compromesse. Quelle, assai più redditizie, dei trafficanti di uomini finiscono invece con il risultar avvantaggiate visto che i trafficanti continuano a far partire i loro carichi nelle ore notturne sfruttando ancor di più l'assenza dei loro avversari.

In una situazione già complessa un ruolo non indifferente lo gioca la geografia degli sbarchi. Gran parte dei mille migranti partiti nelle ultime ore provengono dalle zone di Gasr Garabulli e di Al Khoms, rispettivamente 66 e 119 chilometri ad est di Tripoli. Entrambe le zone sono fuori dal controllo del governo a causa degli scontri, praticamente costanti, con le milizie di Tarhouna e altri gruppi islamisti. E con i ritardi del Ramadan e la mancanza di gasolio risulta ancor più difficile per le motovedette della Guardia Costiera di Tripoli garantire l'intercettazione dei gommoni prima di quel limite delle acque territoriali dove continuano ad operare le navi di soccorso delle organizzazioni umanitarie.

Le nuove rotte

La brusca impennata delle partenze registrata da giovedì ad oggi non sembra invece legata all'entrata in vigore delle sanzioni decretate dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu ai danni di sei trafficanti di uomini libici. Al centro dell'attenzione vi era il nome Abd Al Rahman al-Milad, un ex capo milizia trasformatosi in capo della Guardia costiera di Zawiyah a ovest di Tripoli. Identificato in passato come uno dei capi milizia che avrebbe beneficiato dei fondi distribuiti dall'Italia per bloccare le partenze Al Rahman avrebbe ripreso la sua attività di trafficante di uomini dopo esser finito nel mirino dell'Onu.

L'ipotesi non trova però conferma visto che le partenze da Zawhia si mantengono a livelli minimi mentre gran parte dei gommoni messi in mare negli ultimi giorni sono salpati proprio da Garabulli e Al Khoms.

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