La Mogherini svende il made in Italy per diventare lady Pesc

Il ministro degli Esteri dice sì alle sanzioni contro Putin per ottenere la poltrona europea. E così contribuisce ad affossare la nostra economia

La Mogherini svende il made in Italy per diventare lady Pesc

Massì, che sarà mai un calcio al made in Italy? Che cosa potrà mai cambiare nella bilancia del dare e dell'avere? E che cosa potrà mai cambiare se le esportazioni destinate alla Russia caleranno a picco? Se la poltrona chiama, se la poltrona stuzzica, e l'opportunità lusinga e attira, allora tutto vale. Mettiamoci comodi, dunque perché in alcuni casi, quando il desiderio arde, tutto è lecito. Non vorremmo pensarlo (anche se andreottianamente parlando forse ci azzeccheremmo) ma non ci sentiremmo di escludere che dev'essere stata più o meno questa la molla che ha indotto a un subitaneo ripensamento il ministro degli Esteri Federica Mogherini. Che in un'intervista, rilasciata ieri, al quotidiano La Stampa è intervenuta sulla crisi ucraina sentenziando, in verità a sorpresa, che: «È con le sanzioni che si fanno pressioni su Putin». A sorpresa perché la stessa Mogherini fino a questa sua improvvisa inversione di marcia era considerata talmente filo-russa, soprattutto dai Paesi dell'ex impero sovietico, da mettere a rischio la sua candidatura, in nome e per conto dell'Italia, al ruolo di Alto rappresentante per la politica estera europea. Ecco l'obbiettivo che stuzzica e attira cui accennavamo poche righe fa. Ecco perché si possono pregiudicare le relazioni economiche fra Russia e Italia se la posta in gioco merita qualche parolina sussurrata all'orecchio di chi conta. «Sanzioni e pressione politica costituiscono un'azione molto forte quando esercitate unitariamente da Ue, Usa e anche da altri Paesi del G7. Tutti abbiamo detto sin dall'inizio che non c'è alternativa a una soluzione politica - ha sottolineato ancora la Mogherini- perché come Italia abbiamo sempre condiviso la stessa impostazione degli Stati Uniti». Concludendo quasi in modo idilliaco: «Sarebbe bello se questi passaggi avvenissero in un clima non di conflitto con la Russia».

Già, sarebbe bello. Peccato però che con le sanzioni sottoscritte anche dall'Italia che pioveranno sulla testa di Putin e dei suoi concittadini la bilancia del dare e dell'avere comincerà a registrare forti scossoni e per gli imprenditori italiani non ci sarà più tanto margine di manovra per fare apprezzare in quelle terre la produzione made in Italy. Forse prima di muoversi come un elefante in una cristalleria il ministro Mogherini avrebbe dovuto farsi consegnare dall'Ice, istituto che segue la promozione all'estero delle imprese italiane, una significativa documentazione. Così il ministro avrebbe potuto scoprire che nel 2013 l'Italia ha esportato nella Federazione Russa per 10,4 miliardi di euro (più 4,7% rispetto all'anno precedente) una quota che la colloca come il quinto fornitore di quel Paese da sanzionare. Se vogliamo addentrarci nello specifico, e lo facciamo sempre ad uso e consumo del ministro, possiamo anche annotarci alcuni primati di settore che contraddistinguono la predilezione della Russia verso i prodotti italiani. La meccanica strumentale rappresenta il 40% delle vendite italiane nella federazione, il settore agroalimentare il 10% mentre la moda e gli accessori d'abbigliamento il 9% del totale. E siamo (forse sarebbe meglio dire: eravamo) avviati bene visto che in tutti questi settori l'export ha fatto registrare aumenti sensibili. Pensate che solo per l'export di vino l'Italia ha conquistato il 28,5% della quota di mercato in Russia, per la pasta siamo al 58,8% e per l'olio al 29,6. Un dato solo per la moda: nel 2013 abbiamo esportato in Russia beni per 935 milioni di euro.

Per tutta risposta alle sanzioni, imposte da Usa e Ue per il conflitto in Ucraina, Putin ha deciso di vietare le importazioni di carne, pesce, latte e frutta provenienti da Stati Uniti, Unione europea, Australia, Canada e Norvegia.

E per tutta risposta a questa riposta e allo zelo del ministro Mogherini, c'è chi come il direttore del Consorzio Grana Padano, Stefano Berni, definisce l'embargo deciso dalla Russia «una sanzione assai pesante per chi, come noi, sta investendo da anni in Russia con eccellenti risultati in termini di consumi» sottolineando come, a differenza di altri Stati, «sia inammissibile che ancora una volta l'Italia venga trattata da Cenerentola della Ue».

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